È un'esperienza poco milanese, tenuto conto degli stili e dell'efficienza in materia di servizi municipali, quella dell'apertura in luglio di asili e scuole materne. È chiaro che qualcosa è andato storto, dispiace soprattutto che a sopportare le conseguenze di un'intesa mancata - forse impossibile - siano stati tantissimi bambini e le loro madri, divise, nell'ansia delle incombenze quotidiane, fra lavoro e famiglia. La retorica del «sociale» assegnerebbe una particolare attenzione alle lavoratrici che affrontano anche la fatica d'essere madri. Vanno comprese e aiutate, si sente dire, specie se appartengono a quelle fasce di popolazione non ricca che non può permettersi lunghe vacanze. Ma la retorica non aiuta, si risolve in un vuota recitazione di buone intenzioni se al momento decisivo non si mollano posizioni corporative sindacalmente protette.
Il Comune quest'anno ha deciso di attivare il servizio asili-materne anche in luglio senza ricorrere a cooperative e precari. Se il personale c'è, ed è di ruolo, perché non usarlo?
I precari, di stagione in stagione, di vertenza in vertenza, tendono a «stabilizzarsi» e questo è un onere, così come è un onere il ricorso alle cooperative, senza contare che il personale di ruolo è più collaudato. Ma questo personale ha le sue abitudini e i suoi tabù, per i quali «luglio e agosto scuola mia non ti conosco». Di qui lo scontro, col Comune deciso a far lavorare le maestre, i sindacati fermi nel sostenere che non c'è obbligo di servizio, in luglio, per queste dipendenti: solo le volontarie possono contribuire all'espletamento del servizio.
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