Due squadre arrivate agli Europei solo dopo gli spareggi. Due squadre sconfitte all'esordio. Due squadre, Repubblica Ceca e Portogallo, che nel quarto di finale di ieri sera disputatosi a Varsavia si sono studiate a lungo prima di guardarsi dritte negli occhi. Poi, finita la fase del «capiamo chi siamo», è salito in cattedra Cristiano Ronaldo: giocate da campione, due pali e a dieci minuti dalla fine il colpo di testa che spedisce il Portogallo in semifinale ad aspettare la vincente tra Spagna e Francia. Semplicemente, un giocatore come al mondo ce ne sono pochi: spazzata via la ruggine delle prime due partite, CR7 ha poi travolto Olanda e Repubblica Ceca meritandosi il soprannome di «Cristianetor» datogli da El Paìs. Senza mai spettinarsi, ha preso per mano la sua squadra, fatto felice il suo ct e inorgoglito Mourinho che, potesse, uscirebbe con lui a cena tutte le sere oltre che allenarlo a Madrid.
Il Portogallo comincia piano piano, abbottonato come nemmeno una vecchietta in pieno inverno. Meglio allora la Repubblica Ceca, dove il baby Darida prende il posto dell'acciaccato Rosicky: nulla di che, per carità, ma è la squadra di Bilek a mostrare più feeling con la partita. Ronaldo inizia la sua mandando a quel paese un paio di compagni, il che vorrebbe suonare quasi come una sveglia per tutti: più di un paio di accelerazioni però non si vedono e, anzi, CR7 si fa notare più da difensore aggiunto che da fenomeno offensivo qual è. È sugli esterni che la Repubblica Ceca prova a fare male: Jiracek e Darida partono appena possono, Baros per un soffio non trova la deviazione vincente. Non succede però quasi nulla, tanta è l'attenzione a non scoprirsi: Ronaldo ingaggia duelli rusticani con Jiracek sui calci d'angolo, con Gebre Selassie quando parte da sinistra e con chiunque gli capiti a tiro. I portieri però guardano e basta, anche se è Rui Patricio a prendersi un paio di (mezzi) spaventi per occasioni comunque soltanto potenziali. Il «dodicesimo miglior giocatore al mondo» - come lo aveva definito alla vigilia Sandro Rosell, presidente del Barcellona sottintendendo che i migliori undici sono i suoi - lancia un paio di bagliori intorno alla mezzora: rovesciata a lato di un paio di metri, punizione con identico risultato.
Poi, la perla di CR7 appena prima di metà gara: stop di petto, controllo con virata in mezzo metro quadrato e palla sul palo. Sarebbe stato un gol che avrebbe conteso a quello di Ibrahimovic lo scettro di più bello dell'Europeo: invece nulla e comunque adesso il match pare girare perché la Repubblica Ceca concede campo e fatica a ripartire, senza Rosicky e con un Baros che fatica a ricordarsi di essere stato un gran bel giocatore. Jiracek corre come un matto, ma partendo da destra non vede mai la porta e Pilar a sinistra non sfonda come nelle precedenti uscite.
Ronaldo dipinge un altro quadro su punizione: palo esterno, il secondo della partita. Cechi tramortiti, un po' sulle gambe e un po' ammirati da quanto mostrato da CR7. Prova a dare una mano anche Nani, ma Cech torna fenomeno e gli dice di no, e il gol segnato poi da Hugo Almeida viene giustamente annullato per fuorigioco. Ecco, Cech: è lui l'uomo cui si aggrappa la Repubblica Ceca, è lui che dice no anche a Moutinho, è lui che dribbla Almeida quasi al limite dell'area, è lui che nella finale di Champions League 2008 aveva parato un rigore proprio a Ronaldo senza però riuscire a evitare la sconfitta del suo Chelsea.
E' invece Kadlec, in scivolata, a deviare un tiro a colpo sicuro di Nani. L'epilogo è però dietro l'angolo: il colpo di testa di CR7 su cross dalla destra è implacabile, imparabile, irraggiungibile. Con Ronaldo in maglia rossa sarebbe magari finita in modo opposto. Comunque sia, chapeau.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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