Carroccio beffato dall’affluenza record

Adalberto Signore

da Roma

Passata la lunga nottata elettorale con la mannaia di exit poll e proiezioni a oscillare pericolosamente su via Bellerio, i vertici della Lega si riuniscono a Gemonio per tirare le somme di quella che in molti leggono come una sconfitta. A casa di Umberto Bossi arrivano in tarda mattinata Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgetti. E analizzano a mente fredda il risultato uscito dalle urne. Un 4,6 per cento alla Camera (26 seggi) e un 4,4 al Senato (13) che lasciano l’amaro in bocca dopo il buon trend che aveva seguito la vittoria del 2001 (in quell’occasione 3,9 per cento) e l’ottimo risultato delle europee 2004 (5 per cento tondo).
Il Senatùr ribadisce ai suoi l’amarezza per un risultato sotto le aspettative, ma pare convinto che né l’alleanza con Raffaele Lombardo (il suo voto, diceva lunedì sera Davide Caparini, «ha contribuito dello 0,8») né i malumori interni che già da qualche tempo agitano il Carroccio siano stati determinanti. Dopo essere stato con i suoi fino a tarda notte a esultare ogni volta che le proiezioni riducevano la forbice tra Casa delle libertà e Unione, il giorno dopo la sfida Bossi scartabella a lungo i risultati. E quel che emerge è una netta flessione della Lega nelle due regioni chiave, la Lombardia e il Veneto, con un sensibile arretramento pure in Piemonte. Il paradosso, però, è il seguente. Rispetto al 2001 arretra percentualmente solo la Lombardia (con un deciso -1,7 nella circoscrizione 2), mentre tiene il Veneto e guadagna il Piemonte. La presunta debacle, insomma, è rispetto alle regionali del 2005: in Lombardia il Carroccio perde il 4,6 (11,2 contro 15,8), in Veneto il 3,7 (11 contro 14,7) e in Piemonte il 2,1 (6,4 contro 8,5). In verità, però, andando a fare la prova del nove, si scopre che le cose non stanno proprio così.
Sul fatto che la Lega sia arretrata, infatti, i numeri non lasciano dubbi. Come non lasciano dubbi sul fatto che abbia incrementato il suo pacchetto di voti. In tutta quella che a via Bellerio amano chiamare «Padania». Nell’ordine: 744.967 voti contro i 692.802 delle regionali 2005 in Lombardia (+52.165); 353.284 contro 337.535 in Veneto (+15.749); 183.554 contro 173.208 in Piemonte (+10.346). Insomma, a beffare il Carroccio non è stata tanto la macchina elettorale della Lega - che comunque non deve aver girato troppo bene -, ma l’altissima affluenza alle urne: 83,6 contro il 74,6 del 2004 e il 71,4 delle regionali 2005. E quel 12,2 per cento d’italiani in più che rispetto a un anno fa sono andati a votare hanno di molto «annacquato» il risultato del Carroccio.
Così, dopo le prime ore convulse di lunedì notte, a Gemonio ieri gli animi si sono andati rasserenando.

Con la consapevolezza che il movimento ha bisogno di una decisa ricalibratura ma senza troppi pessimismi. Anche perché - è la convinzione del Senatùr - con la sinistra in queste condizioni avremo presto l’occasione per rifarci. «Prima con le amministrative, poi con il referendum sulla devoluzione».

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