Milano - L'approvazione del piano casa previsto per domani slitta dopo il «no» delle Regioni allo strumento del decreto legge. Ecco che cosa cambia dopo il vertice a Palazzo Chigi tra governo ed enti locali
1) Perché il piano casa è stato rinviato?
Ieri il governo ha incontrato le Regioni sul piano casa. Al termine del vertice si è deciso di trovare «una soluzione condivisa» con gli enti locali entro martedì prossimo. Già oggi alle 9.30 si riunirà il primo tavolo tecnico-politico, come ha annunciato il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto.
2) Quali sono le prerogative legislative delle Regioni sull'edilizia? E quelle del governo?
Secondo l'articolo 119 della Costituzione l'edilizia rientra fra «le materie di legislazione concorrente» tra Stato e Regioni. Al primo spetta «la determinazione dei principi fondamentali», agli enti locali invece «la potestà legislativa».
3) Perché le Regioni hanno detto «no» al decreto e sì a un disegno di legge? Che differenza c'è?
Il decreto è un atto normativo avente forza di legge, che il governo può varare se sussistono i presupposti di necessità e urgenza. Deve essere convertito in legge entro 60 giorni, pena la decadenza. Il disegno di legge, invece, è di iniziativa del governo e deve essere approvato dalle due Camere. In caso di legislazione concorrente, come l'edilizia, si parla invece di «legge quadro», nel quale il governo fissa i princìpi sui quali le Regioni possono esprimere la loro funzione legislativa.
4) Chi interesserà il piano casa secondo la nuova formulazione?
Come ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il piano casa riguarderà «le case mono e bifamiliari, che rappresentano quasi il 50% delle famiglie». Si tratta infatti di circa 13,23 milioni di edifici su 27,2 milioni di case in Italia: 6,9 milioni di case singole (pari al 25% del patrimonio), 2,28 milioni di case bifamiliari (praticamente una su due), ai quali vanno aggiunti altri 2 milioni di edifici disabitati perché diroccati o fatiscenti.
5) Che cosa è cambiato rispetto alla bozza iniziale?
Alla possibilità di aumentare la cubatura del 20% degli edifici esistenti, e fino al 35% degli edifici abbattuti e ricostruiti con tecniche di bioedilizia, si affiancherà «un grande piano New town per la costruzione di nuove abitazioni per le giovani coppie e le famiglie in difficoltà in tutti i capoluoghi di provincia», come ha ribadito il premier, che coinvolgerà «le Regioni, i comuni, il sistema bancario italiano e tutte le industrie delle costruzioni».
6) Chi è stato pregiudizialmente contrario al piano?
Il Pd, la Cgil e alcuni governatori delle regioni rosse come Toscana, Umbria e Lazio hanno subito detto «no» al piano del governo, assieme ad associazioni ambientaliste come Legambiente e Italia Nostra, e alcuni famosi architetti come Massimiliano Fuksas e Vittorio Gregotti.
7) È vero che il piano avrà impatti sulle aree protette, come dicono Pd e ambientalisti?
No. Il piano prevede precisi divieti per gli immobili situati in aree sottoposte a vincoli tutelati dalla sovrintendenza, enti parco, ecc.
8) È vero che maggioranza e opposizione sono favorevoli al rilancio degli affitti?
Sì. In Parlamento si discute di portare la tassa a carico dei padroni di casa al 20%.
9) È vero che il governo vuole vendere le case popolari agli assegnatari?
Sì. Dalla trasformazione dell'affitto in mutuo (in media 90 euro al mese) lo Stato incasserebbe tra 18 e 23 miliardi di euro. Il costo medio di un alloggio si aggira sui 30mila euro.
10) Quanti posti di lavoro potrebbe creare l'indotto?
Secondo i calcoli di Confartigianato, il piano casa potrebbe far nascere circa 100mila posti di lavoro, aumentando del 5,3% l'occupazione e del 4,8% il fatturato del settore costruzioni.
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