Cascella, la sua arte era un corpo a corpo con la pietra

E' morto ieri lo scultore Pietro Cascella uno dei più grandi artisti italiani del Novecento. Suo il monumento ad Aushwitz

Cascella, la sua arte era un corpo 
a corpo con la pietra

Apparteneva alla stirpe degli artisti-artigiani, quelli che hanno ancora il gusto della fattura, del «capo d’opera», della perizia tecnica, del plasmare e piegare la materia alle proprie intenzioni espressive. Una materia conosciuta in tutte le sue caratteristiche e potenzialità: la tela, i colori, il bronzo, la pietra. Nel suo caso in particolare la pietra che rispondeva al nome impostogli dal padre Tommaso, la pietra che lo affascinava e che chiamava «l’ossatura della terra». Materia dura e difficile che impone all’artista un singolare corpo a corpo, una titanica fatica per imporre alla massa grandiosa ma inerte la propria volontà estetica.

Grandiose sono le sculture di Pietro Cascella, composte da massi dalla superficie ora levigata, ora aspra e corrosa, in un purismo geometrico che risente del linguaggio cubista. Sono archetipi, forme arcaiche, menhir della contemporaneità, dove si avverte le presenza sia del primitivismo del primo Novecento sia della lezione espressiva di Brancusi. Ma anche la dimensione monumentale che ha dominato nella scultura degli anni Trenta, gli anni della grande committenza pubblica che offriva marmo e bronzo agli scultori e muri da affrescare ai pittori.

Eppure Pietro Cascella ha iniziato come pittore. Un inizio precocissimo, quasi bambino, sotto l’influenza del padre Tommaso ma anche del nonno Basilio e del fratello Andrea. Perché quella dei Cascella è una stirpe di artisti, pittori e scultori di padre in figlio come i Campi e i Ligari di secoli prima. Il luogo d’origine è l’Abruzzo, l’Abruzzo «forte e gentile» e ancora un po’ selvaggio della dannunziana «Terra vergine». A Pescara era nato nel 1860 il capostipite Basilio, creatore di una scuola d’arte dove si dipingeva, si scolpiva, si incideva, si stampava. Un grande stabilimento che accoglieva, oltre alla numerosa famiglia di Basilio - la moglie, i tre figli maschi Tommaso, Michele e Gioacchino e le quattro figlie femmine - artisti di varia estrazione e tendenza, tanto da trasformarsi in una sorta di circolo artistico-letterario. Ora il laboratorio è diventato il Museo civico «Basilio Cascella».

Pietro, che era nato il 2 febbraio 1921, vi mosse i primi passi in mezzo ai torchi e ai rulli che passavano sulle pietre litografiche, vi apprese le conoscenze tecniche ma anche e soprattutto il gusto di «fare arte», di produrre cose belle e di buona fattura. Ma uscì presto dalla dimensione pur vivace del laboratorio Cascella. Nel 1938, a diciassette anni, si trasferisce a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti, lavorando anche con il fratello Andrea nella produzione di opere in ceramica, una forma espressiva familiare ai figli di una terra che vantava le glorie di Castelli. Nel 1943 partecipa alla quarta Quadriennale di Roma e nel 1948 approda alla prima edizione post-bellica della Biennale di Venezia cui parteciperà ancora nel 1956.
È di quegli anni il suo progressivo allontanamento dalla pittura per dedicarsi alla scultura, anche sotto l’influenza di Sebastian Matta, l’artista cileno conosciuto a Roma che lo avvicina ai temi del Surrealismo, un linguaggio che Pietro Cascella traduce nei grandi volumi della scultura.

Nel 1957 la prima grande commissione per il Monumento ad Auschwitz che verrà completato dopo dieci anni. L’opera vide la luce nel 1967: un intervento architettonico e scultoreo che, senza cancellare le tracce di quello che fu il campo di sterminio, ne sottolinea la drammaticità senza facili intenti consolatori e rimane una delle opere fondamentali di Cascella. Densa è l’attività degli anni successivi, tutti dedicati alla scultura e caratterizzati da opere monumentali in cui si fondono impegno civile e progetti per una scultura di dimensione urbana, fatta per dialogare con la città contemporanea: l’Arco della Pace di Tel Aviv (1971), il Monumento alla Resistenza per la città di Massa Carrara (1979), il Monumento a tutti i giorni sulla piazza della cattedrale di Pescina (1980). E e poi La Nave, grande scultura in marmo di Carrara realizzata nel 1987 per il lungomare di Pescara, la Porta della Sapienza a Pisa, il grande progetto del Campo del Sole cui mette mano nel 1984 insieme a Mauro Berrettini e alla scultrice Cordelia von den Steinen, che in seguito diventerà sua moglie. Nata a Basilea nel 1941, Cordelia porta nel nome il suo destino di compagna dello scultore: «von den Steinen» significa infatti «delle pietre».

A Milano, oltre al monumento a Mazzini in piazza della Repubblica, Pietro Cascella realizza la piazza del quartiere Milano Tre ed entra in contatto con Silvio Berlusconi per cui crea in seguito il Mausoleo La Volta Celeste nella Villa San Martino di Arcore, residenza privata di Berlusconi. Il presidente del consiglio ha avuto ieri parole di affetto per lo scultore «un grande artista e uno straordinario amico che ricorderò sempre attraverso la testimonianza delle sue opere».
Addolorato anche il neo ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi: «Con la scomparsa di Pietro Cascella - ha dichiarato - mi viene a mancare una guida paterna e un punto di riferimento insostituibile. La sua grande umanità e la sua arte hanno segnato la mia vita. L’unico rammarico è che nel mio impegno ministeriale non mi possa essere vicino con i suoi consigli e le sue idee».

I funerali dello scultore si svolgono domani alle 15.

30 nel duomo di Pietrasanta, la cittadina della Versilia dove si era trasferito dopo avere a lungo abitato nella castello della Verrucola a Fivizzano in provincia di Massa Carrara. È la terra delle Apuane dominata dalla cima della Pania «di marmi ferace» come la chiamava l’abruzzese D’Annunzio. La terra della pietra.

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