Casinò negli hotel di lusso Così il ministro Brambilla vuol rivoluzionare i giochi

Il ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, ha un debole per i casinò. Qualche giorno fa ha annunciato un provvedimento, inserito nel decreto legge per il sostegno del settore turistico nazionale, che prevede l’apertura di nuove case da gioco negli hotel di lusso. «È una misura che ho ipotizzato – ha precisato la Brambilla – per consentire alle regioni meridionali di competere con quelle del nord, dove sono situati tutti e quattro i casinò esistenti, e permettere all’Italia intera di reggere il confronto con altri Paesi. Ma non è vero che verrebbero aperte 200 case da gioco, come ho letto su alcuni giornali. Al massimo sarebbero 10 o 15, affidate esclusivamente ai proprietari degli alberghi per evitare il rischio di infiltrazioni criminali». La proposta non è nuovissima. Un anno fa la Brambilla, allora sottosegretario al Turismo, aveva sostenuto a Palermo la riapertura del casinò di Taormina, e non solo, per implementare il turismo di qualità. Tiepida e preoccupata la risposta in seno al Consiglio dei ministri dopo le proteste di molte associazioni a tutela dei consumatori che temono l’espansione della criminalità organizzata.
La risposta di maggiore spessore tecnico porta la firma dell’avvocato Mauro Pizzigati, presidente di Federgioco oltre che del Casinò di Venezia: «Capisco l’importanza di ampliare l’offerta. Ma interventi del genere richiedono analisi approfondite. Dov’è l’urgenza di aprire nuove case da gioco tale da giustificare l’avvio di un decreto legge? L’iter dovrebbe esaminare tutte le condizioni, ascoltare i pareri degli esperti, e Federgioco non è stata affatto interpellata in questa vicenda, analizzare i pro e contro. La proposta pecca anche sul piano del merito perché l’idea di casinò in quantità innumerevoli, e privati, va a scardinare l’idea stessa di casa da gioco pubblica su cui sono fondati i casinò italiani. C’è poi un punto legato al business. In una casa da gioco il 70% degli incassi è determinato dai giochi elettronici che ora è possibile trovare in ogni locale, senza parlare delle Vlt che completeranno a breve l’offerta. Visto che i giochi da tavolo incassano poco e non rappresentano la richiesta di gioco del pubblico, per quale motivo si dovrebbero aprire tutti questi casinò? Non c’è proporzione tra domanda e offerta».


A suo tempo il presidente di Snai, Maurizio Ughi, aveva criticato alla fiera di Enada Primavera la proliferazione dei casinò («Una richiesta del tutto estemporanea») e aveva ipotizzato che «la gestione di questo tipo di mercato venisse trasferita alle competenze dei Monopoli di Stato, come accade per tutti gli altri tipi di gioco. I casinò devono armonizzarsi con le altre offerte da gioco e questo passaggio può avvenire soltanto attraverso chi conosce le regole e le gestisce». Ovvero Aams.

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