Casini in cortocircuito: stronca i democratici poi si accorda al Nord per cacciare la Lega

RomaÈ un po’ il prezzo da pagare, quando ci si vanta di non voler stare né di qua né di là, ma quando in realtà si sta anche di qua e di là. Pier Ferdinando Casini rischia l’autogol, con l’ormai nota politica dei due forni che continua a giustificare: «È l’unico modo per garantire la nostra indipendenza». Basta leggere infatti l’intervista rilasciata ieri a Libero per capire che l’ipotesi di una scottatura politica è concreta. E poco importa che il leader centrista abbia smentito il titolo, «Mai più alleanze con il Pd», salvo confermarne in toto il testo.
Prendiamo allora in esame i virgolettati. Cosa emerge? Che Casini spara a zero sui democratici, salvando solo il soldato Pier Luigi («lui è affidabile»). Fate voi. «Sono deluso dal Pd - attacca -. Non è un’area di riformismo capace di imporsi, ma un partito debole, con molte contraddizioni e problemi interni, e tanta gente che rema contro Bersani, finendo per compromettere la linea della segreteria». E ancora: «I peggiori nemici di Bersani li vedo più nel Pd che fuori». Un quadretto niente male per un alleato con cui si vorrebbe stroncare l’avanzata nordista della Lega. Obiettivo che giustifica l’intesa in Piemonte con la laica doc Mercedes Bresso («non condivido tutte le sue idee sui temi etici, ma abbiamo fatto un programma equilibrato») e il fiero annuncio di affiancamento centrista in caso di vittoria, con Teresio Delfino, «punto di riferimento per il mondo cattolico piemontese». Un ticket perfetto: il diavolo e l’acqua santa, secondo i soliti detrattori.
Insomma, Casini stronca il Pd, che «a volte sembra un “vorrei ma non posso”», ma ci va poi a braccetto. Una «strategia confusa e rischiosa», inquadrano i maligni del Palazzo, con cui pare tirare la volata al Cavaliere, nonostante lo bolli come «sconfitto annunciato» al di sopra del Po. E, paradossalmente, con cui alimenta il buonumore degli uomini del Senatùr. Se la ride Roberto Calderoli: «Ringraziamo Casini per aver detto che farà una campagna elettorale contro la Lega, perché al Nord il sapere che lui e l’Udc sono contro qualcosa fa automaticamente raddoppiare i consensi di questo qualcosa». Tra l’altro, da una parte l’ex inquilino di Montecitorio contesta la presunta «golden share» concessa da Pdl e governo al Carroccio, dall’altra afferma: «Dove abbiamo la possibilità di esercitarla lo facciamo, scegliendo i candidati».
Regnerà un po’ di confusione a marzo, si sa, nell’elettorato centrista, che a Nord si troverà a volte il simbolo del Pd sulla scheda, accanto allo Scudocrociato, mentre al Centrosud quello del Pdl. E regna il caos, stavolta per tutti, sotto le due Torri.

Così, Casini chiama il premier: «L’ho sentito nel pomeriggio e gli ho illustrato la necessità che a Bologna si cerchi una soluzione condivisa tra le forze politiche per evitare che la gestione commissariale si prolunghi per oltre un anno». E il Cavaliere? «Approfondirà la questione». Intanto, tra un mese e mezzo si vota per le Regionali. E si capirà, una volta per tutte, quanto pane sfornato avrà o meno il buco al centro.

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