Pier Ferdinando Casini, in Italia, governa le realtà locali in giunte che stanno di qua e di là. Non sceglie e non vuole scegliere. Lo sostiene, lo afferma, ha fatto di questo una bandiera e, a dirla fino in fondo, non gli ha portato neanche tanto male. Evidentemente qualcuno che creda che sia giusto c’è perché è dal ’94 che c’è, ha una sua base elettorale stabile. Che farà in futuro? Berlusconi ha fatto un’apertura verso di lui piuttosto importante. Lui, negli ultimi giorni, ha fatto aperture verso Bersani e ha detto a D’Alema che hanno un retroterra comune. Sarebbe interessante capire in cosa ma non è argomento da affrontare ora.
Casini è un moderato e viene da quel ramo della Democrazia cristiana che si riferiva al cattolicesimo liberale e non a quello sociale, dossettiano, di cui si nutriva la sinistra democristiana. Nel ’94, si distacco dal Partito popolare di allora guidato da Martinazzoli e fondò il Ccd che alle elezioni di quell’anno si alleò col nascituro centrodestra guidato da Berlusconi. La storia successiva la conoscono tutti ma è ugualmente importante ricordare le origini. Il popolo che ha seguito Casini non è fatto da cattolici di sinistra. Occorre sempre tenere conto di questo dato originario e conseguentemente fondamentale per capire. Ovviamente questo Casini lo sa bene. Ma allora perché ogni tanto guarda a sinistra? Non ha paura di perdere voti? Certo, qualche timore ce l’ha ma sa perfettamente che una cosa è la politica nazionale e un’altra è quella locale e che, talora, si possono far digerire all’elettorato scelte diverse ai due livelli di governo. Sa poi perfettamente che un partito si tiene male insieme se sta a lungo a digiuno di posizioni di governo e così offre al livello locale quello che non può offrire a livello nazionale.
In astratto potrebbe sembrare tutto un ragionamento confuso e improbabile ma alla prova dei fatti è evidente che ha retto per anni e continua a reggere. In questo clima da resa dei conti che precede il risultato odierno dei ballottaggi Casini si è tenuto sulle generali come non mai. Può continuare a farlo a lungo sul piano nazionale? Può tenere la dirigenza nazionale in questo stato da marcia nel deserto non scegliendo tra centrodestra e centrosinistra? Casini vorrebbe un’altra legge elettorale e un governone di centro. Ma se tutto questo non arriva cosa succederà?
Non sarebbe il caso che il centrodestra facesse due ragionamenti con il Pier nazionale invece che perdersi con quello dei tanti piccoli Pier locali? L’elettorato di Casini non è distante da quello del Pdl, semmai lo è da quello della Lega e anche qui forse più da certa dirigenza della Lega che dai suoi votanti.
Berlusconi ha annunciato cambiamenti epocali nel Pdl dopo le elezioni.
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