
Calma. Serve tempo. Questa potrebbe essere la chiave per la risoluzione del risiko del Leoncavallo che domani aspetta in presidio l'ufficiale giudiziario, che consegnerà la notifica di sfratto numero 130. «Il tempo sta per scadere. Il Leoncavallo in via Watteau rischia, dopo trent'anni, di non esistere più. A tutt'oggi - si legge sulla homepage del Leoncavallo spa - non c'è una soluzione, non ci sono ancora alternative concrete. Le voci sulla possibilità di assegnazione di sedi alternative sono per ora una eco lontana».
Questo il sentiment dei leoncavallini ormai brizzolati anche se quella che finora è stata prospettata come soluzione, ovvero il capannone industriale in via San Dionigi a Porto di Mare rimane l'unica sede alternativa all'ex cartiera di proprietà della società L'Orologio srl della famiglia Cabassi che deve essere velocemente liberata come impone la sentenza della Corte d'Appello del Tribunale civile del 9 ottobre 2024, che ha condannato il Ministero dell'Interno a risarcire 3 milioni di euro ai Cabassi per il mancato sgombero dell'area.
Dirimente è la questione della bonifica dall'amianto della copertura e quindi l'agibilità dello stabile di proprietà demaniale e proposto da Palazzo Marino come casa agli abusivi che rivendicano la funzione culturale e di presidio sociale svolta dal 1994 e sui cui il sindaco Beppe Sala ci ha messo la faccia annunciando pubblicamente di voler risolvere la questione.
Il problema degli autonomi di via Watteau, che si riuniranno in queste ore per prendere una posizione ufficiale sono i fondi per la bonifica e per ristrutturare l'ex capannone. Dal canto loro è opinabile che il Comune offra una sede così malmessa: l'ipotesi è una manifestazione di pubblico interesse per assegnare l'ex capannone al Leonka, perché traslochi e a fronte del pagamento di un canone mensile e di una compartecipazione alle spese di bonifica.
Il fatto è che ormai stabili di proprietà demaniale in città non ne sono rimasti, mangiati dalla valorizzazione immobiliare.
Sull'altro fronte la Prefettura sembra avere molta fretta di chiudere. Tradotto: Palazzo Diotti si aspetta una risposta ufficiale entro domani, dal momento che la sentenza è già esecutiva, e quasi certamente non verrà impugnata in Cassazione.
Anche se una volta sgomberata l'ex cartiera di via Watteau (siamo alla notifica di sgombero numero 130) e quindi eseguita la sentenza della Corte d'appello si pone il problema della messa in sicurezza dello stabile vuoto. La prassi vuole che sia la proprietà ad assumere una vigilanza privata e fare sì che nessuno entri abusivamente ancora nello stabile, posto il fatto che non è stato presentato in Comune alcun progetto di riqualificazione o riutilizzo dell'ex cartiera.
Tradotto: non esiste al momento un progetto per il futuro di via Watteau.C'è chi fa notare che a Milano le vere occupazioni, ovvero quelle fatte per appropriarsi degli spazi e poterli usare, non esistono più. Quelle che abbiamo visto sono solo simboliche.
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