Ma possibile che non ci sia nessuna opposizione sociale nel nostro Paese? Nessun soggetto politico che nel nome di una tradizione europea antica e plurale, cristiano-democratica, sociale e nazionale, socialdemocratica e socialista, insorga contro questo liberismo declamato con vent’anni di ritardo? Ed è possibile che un grido del genere debba provenire, seppur a titolo personale dell’autore, dal Giornale che queste tesi reaganiane e thatcheriane le sostiene dai tempi di Montanelli? Ogni giorno c’è un siparietto contro bamboccioni, sfigati, postofissati, monotoni, mammoni.
Affermazioni che personalmente non approvo né contesto, ma contestualizzo: vanno bene per taluni e non per quanti, e sono tanti, partono e cercano fortuna altrove; vanno bene a chi cerca il posto anziché il lavoro, ma non per chi vuol mettere su casa e figli; si addicono a chi è abbarbicato alla monotonia del posto fisso ma sono offensivi per chi non ha nemmeno uno straccio di posto fisso fino a fine mese. Insomma, l’esortazione ha un valore relativo e retorico. E da un governo tecnico non vogliamo prediche e imprecazioni a sfondo sociologico, ma provvedimenti efficaci (rimpiango Sacconi).
Ma a parte la Camussosaura, dov’è un’opposizione sociale in Italia,non dico la piccola destra sociale o l’antica Dc sociale dei cattolici (aridatece Donat Cattin e in Germania aridatece Kohl), ma dico la mastodontica sinistra: che fine ha fatto, serve la destra economica e sfoglia la margherita? Sul ponte sVendola bandiera bianca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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