Chicco Molinari, ultimo artista della nouvelle vague azzurra

Tombola! Riempita anche l’ultima casella, quella che tutti aspettavano ed ora il golf italiano ha fatto l’en plein a livello di tour europeo e non solo.
Edoardo Molinari, al suo primo anno sul tour maggiore ha vinto, in Giappone, il Phoenix Open (titolo che difende questa settimana) ed in Europa due titoli «pesanti» come lo Scottish Open ed il Johnny Walker di Gleneagles. Matteo Manassero, l’enfant prodige, dopo appena sei mesi da professionista ha vinto, più giovane nella storia, il suo primo Open europeo, il Castello Masters, in Spagna. Ed ora la ciliegina sulla torta: Francesco Molinari che a Shangai conquista l’Hsbc Champions, quarto torneo dei World Championship dando conferma a quanto quasi tutti pensavano: ovvero che Chicco è un campione a tutto tondo e di livello mondiale.
Vittoria agognata che Francesco inseguiva da quattro anni da quel primo successo, nel 2006, nell’Open d’Italia a Tolcinasco. Quattro anni durante i quali il più giovane dei Molinari - ma apripista sul tour della «nouvelle vague» del golf italiano - ha visto in più di una occasione a portata di mano la meta del gradini più alto del podio senza mai metterci le mani sopra. Tanti ottimi piazzamenti, anche piazze d’onore, tanti euro portati a casa, il riconoscimento da parte di tutti colleghi, media internazionali e appassionati ma quel benedetto secondo titolo non arrivava. Francesco l’ha finalmente trovato domenica scorsa in Cina, terra che piace e sorride a Francesco che meno di dodici mesi fa lo vide, con il fratello Edoardo, laurearsi campione del mondo per nazioni.
Quello visto a Shangai è stato, da un lato il Molinari di sempre, concentrato, perfetto da tee a green, esigente con se stesso ed il suo gioco ma con un putter che finalmente ha funzionato e ha dato a Francesco quel che è di Francesco: la vittoria piena in un torneo che è secondo solo a quelli del grande slam. Ma al tempo stesso si è visto un Francesco diverso: baldanzoso, sorridente, sicuro del fatto suo e tutto perché (con l’aiuto di Mark Roe) ha messo a registro quei colpi sul green che erano la sua dannazione. 22, 27, 25, 26 i putt giocati nelle quattro giornate di gara ed allora non ce ne è stato più per nessuno. Nemmeno per Lee Westwood, neo numero 1 al mondo con il quale Francesco ha ingaggiato un duello colpo. Un duello epico, mozzafiato, giocato ai massimi livelli dai due compagni di Ryder che ha esaltato un pubblico nuovo, quello cinese, che sta scoprendo il golf e lo ha vissuto quasi con euforia.
Compagni di Ryder, dicevo, e credo che in questo successo di Francesco la Ryder abbia avuto un suo ruolo. L’avere giocato la sfida più importante del mondo golfistico, essersi sentito uno dei 24 giocatori più forti del momento gli ha dato di certo la consapevolezza del suo valore e delle sue potenzialità: rinnovata fiducia e convinzione di poter raggiungere grandi traguardi.

Un titolo dei World Championship non è cosa da tutti ne di tutti i giorni: Francesco ha rotto l’incantesimo, gli eterni piazzamenti sono alle spalle (anche se ben vengano in futuro) è finalmente e meritatamente arrivata una vittoria che lo colloca, senza mezzi termini, nell’elite del golf mondiale.
Resta lui il nostro «apripista»: sotto a chi tocca!

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