"Accuse archiviate, amaro il silenzio degli avversari"

Giulio Gallera sollevato dopo l'archiviazione delle accuse in tribunale. Assessore regionale al Welfare durante la pandemia, oggi consigliere regionale, ricorda gli attacchi nel periodo del Covid

"Accuse archiviate, amaro il silenzio degli avversari"
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Dopo anni di insulti e di attacchi «sento un senso di sollievo e di soddisfazione» assicura Giulio Gallera (nella foto), assessore al Welfare durante la pandemia e oggi consigliere regionale di Forza Italia. Le accuse che erano state mosse a lui e al governatore Attilio Fontana per la gestione del Covid sono state archiviate. Il tempo è galantuomo per chi sa aspettare: «La sentenza ha cancellato molte falsità, smontandole e distruggendole. Lo viviamo come un riconoscimento molto autorevole del lavoro che abbiamo fatto». C'è solo una cosa che lascia amarezza: «Dagli avversari non è arrivato nemmeno un messaggio. Nessuno si è fatto vivo».

Gallera, chi le ridarà indietro il tempo perduto?

«Ancora oggi, dopo tre anni, riscontro quotidianamente l'apprezzamento dei cittadini. Ero a Rapallo e alle 7 mentre correvo, una signora mi ha fermato per esprimere riconoscenza per il messaggio di fiducia dato in un momento difficile. Abbiamo fatto il massimo con gli strumenti che avevamo».

Politicamente lei è quello che ha pagato di più?

«In maniera inconsapevole mi sono trovato al centro di un attacco politico e mediatico totalmente strumentale e incredibile, soltanto per il fatto di essere lì a fare il mio dovere. Nessuno ci aveva dato indicazioni sulla dimensione del fenomeno e abbiamo combattuto una guerra a mani nude. Ma siamo riusciti comunque a costruire un legame diretto con i cittadini».

Si riferisce alle famose dirette sui social?

«Un'idea arrivata in maniera casuale. Poi le dirette hanno iniziato a farle anche Luca Zaia e Vincenzo De Luca. Ma questo rapporto con i lombardi è stato considerato politicamente pericoloso da qualcuno. Io ho pagato il fatto di dedicarmi con abnegazione a quanto accadeva, dialogando anche con i cittadini. Eppure le mie chat con i direttori generali, a causa dell'inchiesta, finivano sui giornali, facendo passare il messaggio che non volevo far parlare la stampa: un'ulteriore delegittimazione».

Il silenzio degli avversari?

«Nessuno si è fatto vivo e questo mi amareggia. Io ho sempre considerato il rispetto alla base della politica, anche verso coloro che hanno idee diverse. Non ho mai attaccato violentemente nessuno da un punto di vista personale».

Non si può dire la stessa cosa al contrario.

«A fine febbraio Pierfrancesco Majorino mi chiamava per avere informazioni su come ci stavamo organizzando e io rispondevo. Ci eravamo fatti anche i complimenti a vicenda quando eravamo stati nominati assessori. Due persone di età simile che facevano un percorso insieme. Vedere i suoi attacchi calunniosi è stata una ferita anche personale. E potrei citarne molti altri».

Come ha trascorso quei momenti terribili?

«Dicevano che la zona rossa avrebbe salvato 4mila persone e questo fa male. Io e Fontana siamo stati definiti assassini. Ma come potevamo fare una zona rossa nel giorno in cui i rappresentanti delle forze politiche che governavano il Paese, penso al segretario del Pd Nicola Zingaretti, venivano a Milano per far passare il messaggio che era tutto sotto controllo e noi eravamo terroristi? Si è anche discusso se assegnarmi una scorta e mi sono interrogato sul riscontro che avrebbe avuto sulla mia famiglia una cosa del genere».

I familiari delle vittime non hanno gradito l'archiviazione.

«Capisco la sofferenza umana e la sento su di me perché l'ho vissuta nei Pronto soccorso. Detto questo, è come col terremoto: siamo tutti vicini a chi ha lasciato un proprio caro sotto le macerie. Ma ci sono sempre persone che cercano di salvare vite, non bisogna trovare per forza un colpevole».

Un nuovo capitolo per lei, ma anche per il suo partito.

«C'è sempre più bisogno di una forza moderata e liberale che graviti nel centrodestra. Fi ha la grande opportunità di trasformarsi. Non saremo più quel grande partito presidenzialista che eravamo con Silvio Berlusconi che prendeva decisioni e portava voti. Ma possiamo diventare davvero la casa di tutti i moderati, richiamando quelle forze minori che fanno riferimento al Ppe.

Abbiamo le porte aperte: se ci riusciremo avremo la chance di essere una forza molto autorevole, composta da persone non più scelte dall'intuito di un genio come Berlusconi, ma legittimate da un percorso democratico dal basso».

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