Ogni epoca si identifica con particolari termini che in altri tempi, se non sconosciuti, erano quanto meno poco usati. Oggi si usano definizioni come «futuro distopico» basato su previsioni negative e addirittura nefaste, parole quali «resilienza», molto di moda, oppure «ucronia», a indicare un'ipotesi storica che non si è realizzata. Su quest'ultimo lemma si basa ad esempio una della serie più gettonate, The Man in the High Castle, tratta dal romanzo di Philip K. Dick, che disegna un inquietante mondo dove la Seconda guerra mondiale è stata vinta dai nazisti. Ucronico è anche Il complotto contro l'America, una delle opere più famose di Philip Roth, pubblicata nel 2004, che immagina la vittoria di Charles Lindberg alle elezioni presidenziali del 1940 (contro Roosevelt), il quale decidendo per il non intervento trasformò l'America in un Paese razzista, antisemita, di fatto alleato di Hitler.
Il romanzo è appena diventato una miniserie in sei puntate ideata da David Simon ed Ed Burns in onda su Sky Atlantic. Un lavoro avvincente, minuzioso nella ricostruzione del New Jersey anni '40, fedele alla poetica di Roth di leggere la Storia attraverso una pluralità di voci che coinvolge personaggi minori e sconosciuti, e di osservare come i grandi eventi del tempo creino conflitti insanabili all'interno degli stessi nuclei familiari.
Non è facile «ridurre» a cinema e la letteratura di Philip Roth. Alcuni tentativi sono da considerarsi veri e propri fallimenti, come Pastorale americana del 2016 diretto da Ewan McGregor, Lezioni d'amore tratto da L'animale morente nel 2008, La macchia umana del 2003 nonostante la presenza di Nicole Kidman. Qui va decisamente meglio, poiché in sei ore le vicende trovano il modo di essere raccontate con maggiore ampiezza, permettendosi persino divagazioni e aggiunte rispetto alla matrice originale.
Tra gli attori spicca Winona Rider, che grazie alle serie tv in particolare dopo Stranger Things attraverso un momento artisticamente molto felice. Ne Il complotto contro l'America è Eveline, donna inquieta, infelice e combattuta, che talora sembra giovane grazie al trucco tranne poi rivelare i segni dell'età e delle sconfitte. Un fortunato recupero per il cinema di un talento dato per perso. Altra star del film è John Turturro nel ruolo del rabbino Bengesldorf, che nel racconto metastorico di Roth schierandosi per ambizione a fianco di Lindberg non capì o non volle capire il crescente pericolo per gli ebrei d'America.
Nonostante qualche inevitabile passaggio fin troppo letterario, la miniserie risulta avvincente, corposa, ricca di sfumature, attenta nel cogliere i caratteri e la psicologia dei personaggi.
Ho letto in giro più di un tentativo di strumentalizzare il romanzo di Roth ai fini di una calata nel presente, ma credo proprio che andrebbero evitate le letture viziate, anche perché sappiamo tutti che non è andata così.
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