Fu un grande conquistatore di popoli e di terre, più di Alessandro Magno e, anche, di cuori femminili. Al condottiero mongolo Gengis Khan, vissuto tra il 1162 e il 1227, bastò una vita di soli 65 anni per lasciare decine di eredi che poi, nei secoli, sono diventati centinaia e migliaia di bis nipoti con la sua nobile firma genetica nel loro Dna. Non è la leggenda che lo racconta, attraverso una favola, resa sempre più straordinaria e incredibile, da bocca a bocca. Lo afferma un recente studio di un team di ricercatori dell'University of South California (USC). Gli scienziati hanno ripreso dieci anni di ricerche di Bryan Skyes, professore inglese del dipartimento di Genetica dell'Università di Oxford. Il team, dopo avere isolato migliaia di Dna su migliaia di persone in Oriente, è giunto a una conclusione incredibile, ai limiti della leggenda: il grande condottiero fu padre di numerosi eredi che, a loro volta, procrearono rampolli che hanno continuato a generare eredi con il sangue del conquistatore mongolo fino ai giorni nostri. La filiera dei geni di Gengis, attraverso i secoli si è espansa in tutto l'Oriente, tanto che l'otto per cento della popolazione maschile della maggior parte dei Paesi asiatici possiede un cromosoma y, maschile, che risale a mille anni fa e che sarebbe riconducibile al Dna del leader mongolo. In questo studio sono stati esaminati cinquemila campioni di Dna provenienti da 126 diversi Paesi dell'Asia: i risultati hanno mostrato che sedici milioni di individui condividono lo stesso bagaglio genetico di Gengis Khan. E nella sola Mongolia, che conta due milioni di abitanti, 200mila uomini hanno questa eredità genetica che li rende suoi consanguinei.
Gengis Khan, nato come Temüjin Borjigin, ha combattuto decine di battaglie con spada e cavallo e morì lasciando un impero che si estendeva dalla Siberia al Kashmir, al Tibet, al Mar Caspio, al Mar del Giappone. Nonostante i genocidi, le deportazioni di massa e le distruzioni delle città rase al suolo e ricostruite da zero, l'impero mongolo era solido, pacifico, con popoli diversi che convivevano armoniosamente sotto l'inflessibile pax mongolica. Gengis amava circondarsi di ori, damigelle, concubine e mogli, perché, oltre alle enormi brame di conquiste, l'imperatore aveva robusti appetiti sessuali.
La storia racconta che la sua prima moglie ufficiale, Börte, figlia di Tchotan, sovrano della tribù degli Ongirrat, gli diede solo undici figli, di cui quattro erano maschi e, quindi, unici degni di titolo nobiliare. I rampolli erano Djuci, Chagatai, Ögödei e Tolui, tutti nati tra il 1183 e il 1190 che a loro volta, mantennero altissima la bandiera della virilità paterna, e figliarono copiosamente, mettendo al mondo una cinquantina di figli in quattro, oltre al contributo di Aladjai, scoperto recentemente, figlio di una sua concubina.
Gli scienziati californiani, attraverso algoritmi, calcoli percentuali e stime, hanno poi considerato che le sette figlie di Khan abbiano, a loro volta, generato, stando proprio stretti, non meno di ottanta figli. Questo fa pensare che dalla prima filiera del condottiero mongolo, fermandosi soltanto alle prime due generazioni, nacquero centodieci consanguinei. Poi, ci sono le altre sette mogli più tre concubine, di cui si hanno tracce e testimonianze ufficiali, perché, molto probabilmente, le donne con cui Gengis Khan andò a letto e mise incinta, potrebbero essere più di cinquanta. E a una prima stima, dalle dieci mogli e amanti ufficialmente esistite, sarebbero nati almeno centoventi figli, tra maschi e femmine, che avrebbero messo al mondo non meno di altri mille e duecento discendenti con i geni di Khan.
Lui, tra le molte abitudini, era solito, dopo avere conquistato un villaggio, prendere per sé la donna più bella. Il suo gigantesco harem non si deve, quindi, a una particolare bellezza o talento nel sedurre le donne, né tantomeno a una prestanza fisica, considerato, che nelle poche immagini pervenute, non sembra proprio un adone. E anche se non fosse stato un grandissimo seduttore, ma un rapitore di donne, di media bellezza, nel vero significato della parola, l'imperatore mongolo incuteva timore in battaglia come a letto. Inoltre, sembra che il suo vizio di rapire la più bella del villaggio fosse stato tramandato ai suoi numerosi figli maschi, ai loro figli e ai figli dei figli. E se un migliaio di eredi in sole tre generazioni sono un'immensità, il professor Skyes, anche senza lo studio approfondito del team americano della USC, aveva parlato di migliaia e migliaia di eredi con il suo distinguibile cromosoma Y a meno di otto secoli dalla sua morte: quei suoi 200mila discendenti che abitano attualmente la Mongolia e, soprattutto, quei suoi 16 milioni che vivono in Asia lo dimostrano, tanto che se sommiamo tutta la popolazione di Cina, Giappone, Mongolia e persino Russia, su un campione di 200 persone ce ne è una che ha l'eredità genetica di Gengis Khan. Ma se includiamo il lavoro compiuto dai suoi figli, nipoti e bisnipoti diretti, partendo dal suo primo matrimonio, e sommandolo alle procreazioni dei figli nati dalle altre sette mogli e tre concubine ufficiali, il professore Skyes afferma con certezza che attualmente quasi un miliardo di asiatici discende dal grande Gengis Khan.
Analizzando, poi, migliaia di Dna, lo studio degli scienziati californiani ha aggiunto, alle ricerche dell'inglese Skyes, che tra i discendenti ci sono anche celebrità storiche, tra cui il condottiero cinese Giocangga, vissuto tra il 1526 e il 1583. A lui si deve la creazione della regione della Manciuria che occupa parte di Cina e Russia. Tale scoperta sarebbe interessante anche per l'evoluzione: dimostrerebbe, infatti, che il successo riproduttivo è dato, non solo, dalle condizioni di benessere, ma anche da quelle sociali degli individui.
Purtroppo per i ricercatori, nessuno conosce il luogo esatto in cui fu sepolto Gengis Khan. Con un campione del suo Dna, invece che affidarsi a quello prelevato dai resti dei suoi diretti eredi, avremmo numeri più precisi. E forse più alti.
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