Più che un infiltrato, come Giuliano Ferrara scherzosamente definisce gli amici di sinistra invitati oggi a discutere con lui, io mi considero un disertore. La guerra civile fredda che ha avvelenato l’Italia fino a inghiottirne le intelligenze migliori, e che non contempla altri eserciti se non quelli,sfigurati,del berlusconismo e dell’antiberlusconismo, non è più la mia guerra. Da questo punto di vista, il peggio ha già vinto e io me ne sono tornato a casa. Ciò nondimeno, discutere di grande politica è sempre appassionante. «Grande», in questo caso, perché grande in tutti i sensi è il personaggio al centro della scena, protagonista indiscusso nel bene e nel male di quasi un ventennio di vita repubblicana.
La domanda che muove dal voto di Milano e Napoli ( e di molte altre città) è insieme semplice e radicale: Berlusconi è ancora il leader del centrodestra? Sarà lui il prossimo candidato a palazzo Chigi? Le primarie proposte dal Foglio vorrebbero riconfermare, con una rinnovata consacrazione popolare, una leadership che appare a molti ammaccata e al tramonto. A me pare, questo, un errore di target. Berlusconi non è in discussione nel suo popolo, che affollerebbe i gazebodi ottobre così come ha affollato i seggi di Milano: è in discussione, e seriamente, in un’area di opinione pubblica - moderata e liberale e riformista - che a Berlusconi ha smesso di credere, e che prudentemente ha scelto il non voto. Attenzione: non c’entra nulla la radicalità della campagna elettorale del Pdl. È dal ’94 che Berlusconi dice le cose che ha detto il mese scorso,è dal ’94 che è considerato dai sacerdoti del politically correct un eversore e un pazzo, è dal ’94 che indica nello strapotere dei pubblici ministeri una stortura dello Stato di diritto. Semmai, a proposito di giustizia, si potrebbe parafrasare una vecchia battuta di Bersani: parlar male dei magistrati è un conto, ma l’unico «antigiustizialista » vero è quello che fa la riforma della giustizia. E Berlusconi non l’ha fatta.
«Berlusconi- così Antonio Martino rievocò un giorno la nascita di Forza Italia nel 1994 - sostenne che il suo obiettivo era di restituire spazio e risorse all’economia privata, alle famiglie e alle imprese, riducendo l’invadenza dello Stato sprecone e tartassatore e l’influenza della politica nella vita delle persone. Da liberale convinto sosteneva che la concorrenza non è necessaria solo per ovvie ragioni di efficienza economica ma anche e soprattutto per ragioni di libertà, per garantire alle persone la libertà di scegliere fra alternative diverse». In queste parole, confrontate con l’Italia di oggi, c’è la ragione della disillusione, dell’abbandono,del fallimento. Altro che Annozero o manifesti di Lassini. Diciamoci la verità: non soltanto la rivoluzione liberale non c’è stata, ma la restaurazione democristiana è già avvenuta. È democristiano Tremonti non soltanto quando invoca una nuova Iri, ma ancor più quando impone i famigerati «tagli lineari», che non scontentano i parassiti ma demotivano i meritevoli. È democristiana la Lega, che anziché combattere per ridurre i ministeri vuole portarsene due a Milano, e che al federalismo delle libere comunità preferisce di gran lunga la moltiplicazione dei centri burocratici e di spesa pubblica. Ed è democristiano il Pdl, quando rifiuta di difendere il programma nucleare del governo e il sacrosanto decreto Ronchi contro gli sprechi e la lottizzazione degli acquedotti.
Ma se le cose stanno così, non saranno le primarie del Pdl a risolvere la questione. E neppure la futura azione di governo, che prima di essere resa precaria dalla fragilità della maggioranza parlamentare è vanificata dall’immobilismo culturale della maggioranza politica. Ho davvero l’impressione che il ciclo di Berlusconi sia giunto alla sua conclusione, peraltro fisiologica in rapporto alla durata media delle leadership europee.
Ma se c’è ancora una possibilità di rimonta, e se questa possibilità risiede nel ricorso al popolo delle libertà (e non agli attivisti del Popolo della libertà), allora potrebbe essere spericolatamente più saggio giocarsi oggi stesso la partita: Berlusconi apra subito la crisi, e a ottobre, anziché le primarie, si tengano le elezioni politiche generali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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