Esattamente otto anni fa Maurizio Belpietro, allora direttore, mi pubblicava in prima pagina un articolo titolandolo: «Kyoto, la scienza tradita». Vi argomentavo, allora, come i presupposti del protocollo di Kyoto poggiassero su un colossale falso scientifico: lorigine antropica del riscaldamento globale. Facevo osservare, allora, che tutta limpalcatura era stata eretta da scienziati sostanzialmente imbroglioni che avevano preferito tradire la scienza per compiacere a una banda politico-affaristica che, in nome della salvezza del pianeta, stava approntando la più colossale frode mai perpetrata ai danni dellumanità tutta, frode che negli anni recenti è stata battezzata con la suadente etichetta di green economy.
Rispetto a otto anni fa cè ora una novità: la frode è emersa in tutto il suo, si fa per dire, splendore. Come è noto, sono diventati di pubblico dominio gli scambi di corrispondenza tra gli scienziati traditori, i quali per anni hanno falsificato tutti i loro dati, tutti, per far sembrare credibile la responsabilità umana del global warming.
Gli organi di informazione conniventi hanno naturalmente ignorato la notizia: per esempio ancora giovedì scorso La Repubblica titolava un servizio di molte pagine su come la green economy potrebbe salvare il pianeta.
Dietro il pomposo nome, la green economy nasconde un progetto tanto preciso quanto insano: installare nel mondo quante più turbine eoliche e pannelli fotovoltaici (Fv) possibili. Questi impianti, anche se fossero gratis, sono colossali patacche, e sono tali per una ragione tecnica insormontabile: il vento non soffia e il sole non brilla in modo compatibile con la particolarissima tipicità con cui lumanità si serve dellenergia. In aggiunta, non sono gratis ma richiedono un impegno economico che è da due volte (leolico) a venti volte (il Fv) limpegno richiesto da un impianto nucleare.
Nel clima euforico che ammanta la grossa patacca circolano indisturbate due leggende metropolitane. La prima leggenda favoleggia che Paesi come la Danimarca e la Germania si starebbero già gustando i frutti del successo della green economy. Panzane. È vero che questi Paesi hanno imponenti impianti eolici ed è vero che metà della potenza Fv mondiale è installata in Germania. Ma è anche vero che questi impianti hanno inequivocabilmente dimostrato la loro inutilità: il Fv per esempio, contribuisce per lo 0,5 per cento al fabbisogno elettrico tedesco. Piuttosto, Danimarca e Germania vanno, innanzitutto, a carbone (oltre il 55%). La Germania, poi, va anche a nucleare (30%), mentre la Danimarca, non avendo il nucleare, è il Paese che in Europa emette più gas serra di tutti (dopo il Lussemburgo), tantè che il protocollo di Kyoto le prescrive riduzioni del 21 per contro una media mondiale del 5,5 per cento.
La seconda leggenda metropolitana favoleggia che Obama, per il solo fatto di averlo detto, ridurrà le emissioni americane entro il 2020 del 17 per cento rispetto ai valori del 2005.
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