Così Riad ha comprato la primavera araba

Re Abdallah investe gran parte degli ingenti ricavi petroliferi in regalie ai sudditi per prevenire ribellioni. E concede mini riforme: le donne potranno lavorare nei negozi di intimo per evitare imbarazzi alle clienti. Il monarca ha ottenuto perfino un editto islamico contro le dimostrazioni

Così Riad ha comprato la primavera araba

Laggiù in Medio Oriente tutto è in vendita. Anche la primavera. Anche i sogni di democrazia. Chiedetelo a re Abdallah. Chiedetelo ai prin­cipi sauditi. Da quelle parti la nuova stagione non è mai sbocciata. E i suoi rari germo­gli son finiti nel congelatore. Un congelatore caro e di­spendioso, ma capace gra­zie ai denari impiegati per farlo girare d’ibernare ogni sogno di libertà e riforme.

Grazie ai 90 miliardi di eu­ro investiti per distribuire au­menti di stipendio, mensili­tà omaggio e nuovi apparta­menti, i signori di Riad han­no fin qui evitato dimostra­zioni, rivolte e fastidiose ri­chieste di democratizzazio­ne. E un aiutino è andato an­che ai circoli religiosi, sem­pre assai sensibili, nonostan­te i costumi austeri, al profu­mo del denaro. Inebriato da quell’effluvio di quattrini il mufti di corte è riuscito persi­no ad inventarsi una fatwa su misura capace di proibire la partecipazione di qualsia­si bu­on musulmano alle ma­nifestazioni di piazza.

Di fronte a cotanta esterna­zione qualsiasi fedele con del sale in zucca dovrebbe chiedersi come sia avvenuta la rivoluzione iraniana. O co­me mai masse d’agitati inte­gralisti si riversino in strada non appena un vignettista di­segna il turbante del Profe­ta. Ma questi son pensieri complessi che in Arabia sau­dita nessuno si può permet­tere d’abbozzare. E allora meglio guardar al bicchiere, o meglio, alla coppa mezza piena. L’unico modesto se­gno di disgelo è, infatti, la co­siddetta riforma del reggise­no. Da fine mese, grazie ad una sortita di re Abdallah, il gentil sesso potrà evitare di comprare slip e reggiseni in negozi di lingerie gestiti solo da maschi barbuti. L’82en­ne sovrano - evidentemente sensibile alla privacy e al­l’imbarazzo femminile - ha deciso d’imporre un’ecce­zione alla legge che impedi­sce alle donne di svolgere, di fatto, qualsiasi incarico lavo­rativo. Grazie alla promessa riforma i negozi d’intimo po­tranno assumere commesse donne e togliere d’impaccio le proprie clienti.

La rivoluzione del reggise­no resta però la classica ron­dine che non fa primavera. Una primavera obnubilata e cancellata da una nevicata di denaro. Per capire da do­ve arrivino i 90 miliardi di eu­ro usati per comprare la vo­glia di libertà e riforme dei sudditi sauditi basta dare un occhiata ai grafici che dise­gnano l’ininterrotta impen­nata dei prezzi del petrolio. Grazie a quelle curve il sovra­no s’è intascato lo scorso an­no circa 147 miliardi di euro. Ma a differenza dell’imprevi­dente Gheddafi, i Paperoni wahabiti di Riad han deciso d’investire una minima par­te dei loro trilioni per addo­mesticare e placare i poten­ziali contestatori. Quando a marzo scatta la prima chia­mata alle piazze dell’opposi­zione saudita Abdallah ri­sponde regalando due mesi di stipendio extra ai dipen­denti pubblici e destinando 48 miliardi di euro alla co­struzione di alloggi popola­ri.

Ma il colpo da maestro del­l­’ottuagenario sovrano sono i circa 140 milioni di euro al­lungati ai più importanti cir­coli wahabiti, tra cui l’ag­guerrita polizia religiosa. Il sovrano sa bene che nell’au­toclave del regno bollono sia la voglia di democrazia dei gruppi più liberali, sia le tendenze fanatiche dei grup­pi pronti ad accusarlo di es­sere un pericoloso riformi­sta.

Con quelle centinaia di mi­lioni disseminati come spic­cioli tra imam arrabbiati e circoli islamisti re Abdallah mette a tacere i pazzi di corte capaci di dividere l’esercito, infiltrare i servizi di sicurez­za, stringere alleanze con gruppi qaidisti. Con la parte più consistente del gruzzolo investito in supplementi di stipendio, aumenti di paga e piani di edilizia popolare si compra la loro voglia di liber­tà e democrazia.

Ora resta da vedere quan­to durerà l’effetto taumatur­gico del balsamo denaro. Al­l’interno della famiglia reale qualcuno dubita che la cura sia definitiva. Il primo a di­mostrarsi perplesso è il prin­cipe Talal Abdul Aziz, fratel­lastro e rivale, 79enne, del re Abdallah.

Il problema –spie­ga in un’intervista che suo­na come una dichiarazione di guerra - è che «qualcuno si ostina a non guardar quan­to gli succede sotto gli occhi, rifiuta di capire la lezione della Storia». Almeno finché può sperare di comprarsela.

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