Cosa nostra, si apre la guerra di successione

La transizione «soft» potrebbe degenerare in faida di sangue

Mariateresa Conti

da Palermo

«Non sapete che cosa fate...», ha detto agli uomini che lo ammanettavano prima di ammettere la sua identità. Una frase quasi profetica, quella di Bernardo Provenzano. Specie se interpretata nell’ottica degli scenari che adesso, con lui in carcere, si aprono per Cosa nostra. Sulla carta i possibili successori sono due: un boss vecchio stampo per certi versi molto simile, come solidità, allo stesso Provenzano qual è il palermitano Salvatore Lo Piccolo, 63 anni, capo del mandamento di San Lorenzo, latitante da 23 anni; e un giovane trapanese d’assalto, Matteo Messina Denaro, 43 anni, figlio del defunto capomafia Francesco, sicario spietato ma al tempo stesso fine stratega.
Ma non è detto che la scelta cada su uno dei due. Potrebbero prospettarsi pure altri scenari: una sorta di reggenza, che veda insieme gli uomini che in questi anni hanno affiancato Provenzano, per continuare nel segno della continuità, secondo quella strategia dell’inabissamento che ha caratterizzato la leadership di Provenzano; o l’apertura di un’autentica guerra per la successione, il ritorno ad una mattanza sanguinaria pari a quella che, nei primi anni Ottanta, scalzò i “palermitani” e segnò l’incoronazione dei “corleonesi” Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Gli inquirenti ne sono certi. Cosa nostra non perderà certo tempo nel colmare il vuoto che l’arresto di Bernardo Provenzano lascia al vertice. Ma è verosimile che lo stesso Provenzano, con il suo acume politico, abbia già tracciato la strada della transizione attraverso la guida di Lo Piccolo e Messina Denaro, suoi fedelissimi, che lo hanno seguito nel certosino lavoro di ricucitura portato avanti dopo l’arresto di Totò Riina, quel lavoro di ricucitura che ha fermato tritolo e omicidi.
Due personalità opposte, quelle di Lo Piccolo e Messina Denaro, complementari per certi versi. Tanto boss vecchio stampo il palermitano Lo Piccolo, cresciuto di peso nell’organizzazione per fedeltà a Provenzano e per abilità, soprattutto nella gestione del racket delle estorsioni, tanto mafioso di ultima generazione Matteo Messina Denaro. Giovane, brillante, amante di vestiti costosi, gioielli e belle donne, ma anche grande stratega, oltre che sicario spietato. Uno dei delitti più efferati che si ricordi è quello di una giovane donna, Antonella Bonomo, colpevole di essere la compagna del suo nemico, il boss di Alcamo Antonino Milazzo. Lei era incinta di tre mesi, lo supplicò di risparmiare la vita sua e del suo bimbo. Lui la strangolò, dopo aver ucciso lo stesso Milazzo. Di Matteo Messina Denaro anche la mano per quanto riguarda le trasferte stragiste fuori dalla Sicilia di Cosa nostra, il fallito attentato a Maurizio Costanzo, le bombe del ’93 a Roma, Milano, Firenze, per le quali ha già al suo attivo un ergastolo. Un boss in carriera. Giovane ma già con qualche problema di salute, secondo le acquisizioni più recenti. Sembra infatti che abbia problemi seri ai reni, tanto seri da essere costretto a procurarsi tutto il necessario per potersi sottoporre alla dialisi direttamente a casa.


Questi gli scenari, almeno stando alle attuali conoscenze e alle rivelazioni degli ultimi pentiti. Quello che accadrà, in concreto, lo si vedrà presto. Specie se, sulla transizione soft, prevarrà il linguaggio delle armi per trovare una nuova leadership.

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