Crac Cirio: 300 milioni a creditori e risparmiatori

Il risarcimento andrà nelle casse del gruppo, ma è destinato a fornitori e sottoscrittori di bond

da Milano

C’era un lato oscuro dietro la vendita nel 1999 di Eurolat dalla Cirio di Sergio Cragnotti alla Parmalat di Calisto Tanzi. La terza sezione civile del tribunale di Roma ha condannato Cragnotti e la Banca di Roma (ora gruppo Unicredit) a pagare 300 milioni di euro all’amministrazione straordinaria di Cirio. Cifra che copre quasi un terzo del passivo totale del gruppo agroalimentare. E che dunque è destinata ad alleviare le pene dei creditori, dai fornitori ai risparmiatori che avevano sottoscritto i bond del gruppo dichiarato insolvente nel 2003.
I fatti: nella primavera del ’99, Cirio vende Eurolat (società alla quale aveva conferito il polo lattiero-caseario del gruppo, tra cui la Centrale del latte di Roma acquistata dal Comune un anno prima) al gruppo Parmalat per 320 miliardi di lire al netto dei debiti dell’azienda. Con quei soldi, Cragnotti ripiana i propri debiti con la stessa banca e sistema i conti delle società che fanno direttamente capo a lui, aggravando la situazione di Cirio e dei risparmiatori che la finanziano verso il fallimento. Dettaglio non trascurabile: nell’operazione, Banca di Roma svolge i ruoli di advisor di Cirio, advisor di Parmalat e mandataria delle altre due banche coinvolte ma in posizione più defilata (Banca Popolare di Lodi e Banca Commerciale Italiana, pure citate in giudizio ma non condannate dal tribunale). In più, come emerso nell’indagine penale, Banca di Roma finanziava il gruppo di Tanzi. Finita l’era Cragnotti e accertato il dissesto, gli amministratori straordinari di Cirio citano in giudizio Cragnotti e le banche.
La tesi - sostenuta dagli avvocati Massimo Confortini, Giuseppe Niccolini e Massimo Zaccheo - è che esistesse un accordo illecito con cui Cirio s’impegnava a indirizzare alle banche i proventi della vendita di Eurolat a Parmalat. E che beneficiaria - in modo ritenuto spudoratamente favorevole - e regista dell’operazione fosse la Banca di Roma, che abusando della sua posizione di banca di riferimento, dettò e impose le condizioni dell’operazione a Cirio e Cragnotti. Mentre Banca Roma e lo stesso Cragnotti difendono la legittimità dell’operazione come tentativo di ristrutturare il debito del gruppo Cirio.
Gran parte della questione verte sul rapporto instauratosi in quegli anni tra Cirio e Banca di Roma, all’epoca presieduta da Cesare Geronzi. C’era dipendenza economica e autentica soggezione, sostiene l’amministrazione straordinaria di Cirio, secondo cui Cragnotti prendeva ordini dall’istituto di credito, che ne avrebbe potuto determinare il fallimento con un solo gesto, la richiesta di rientro delle esposizioni.
Le motivazioni della dura sentenza di condanna chiariranno la ricostruzione della vicenda accertata dal tribunale. Nel frattempo, sugli stessi fatti a Parma pende anche un’inchiesta penale per concorso in bancarotta a carico di 12 indagati tra cui Geronzi, Cragnotti e Tanzi. Il 27 marzo il giudice per l’udienza preliminare Roberto Spanò deciderà sulle richieste di rinvio a giudizio e di patteggiamento.


Secondo i pm, Parmalat pagò per Eurolat un prezzo superiore di 200 miliardi a quello di mercato per favorire Banca di Roma. Tanzi, che ha chiesto di patteggiare una condanna a due anni di reclusione, ha dichiarato che l’affare fu caldeggiato dalla Banca di Roma per rientrare delle esposizioni di Cragnotti.

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