La procura di Brescia ha chiesto l'archiviazione per l'ex premier Giuseppe Conte e l'ex ministro della Salute Roberto Speranza nell'inchiesta sulla mancata zona rossa in Val Seriana e sulla mancata attuazione del piano pandemico. Lo si apprende da fonti legali. L'avvocato Caterina Malavenda, che difende il leader pentastellato, ha fatto sapere a ilGiornale.it di avere "depositato una memoria lo scorso 22 maggio e di avere appreso che la procura ha depositato un atto sulla vicenda lo scorso 24 maggio". Ora la parola passa al Tribunale dei ministri che dovrà decidere se archiviare l'inchiesta (provvedimento non impugnabile) o se inviare gli atti al procuratore di Brescia, il quale potrà procedere solo previa autorizzazione delle Camere d'appartenenza.
Lo scorso 10 maggio Giuseppe Conte ha colmato il "vuoto di memoria" che aveva avuto durante il suo primo esame davanti al tribunale dei ministri di Roma. “Oggi ha commentato la nota informale del pomeriggio del 2 marzo che all'epoca, cioè durante la sit del 12 giugno, non aveva e che non avevano anche i magistrati", aveva riassunto l'avvocato Malavenda, dopo l'interrogatorio a Brescia. Si parla dell'accusa chiave dei pm all'ex presidente del Consiglio, nata da un appunto dell'ex membro del Cts Agostino Miozzo, anche lui indagato nell'inchiesta e agli atti di questa indagine. È il 2 marzo 2020 ed è passata più di una settimana dall'istituzione della zona rossa a Codogno e negli altri comuni del lodigiano. Miozzo riferisce ai pm che quella sera l'ex premier incontra, in una riunione informale, il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro. I contagi stanno aumentando vertiginosamente in Val Seriana, da più parti si invocano chiusure rigide come quelle già applicate nei giorni precedenti in altre zone della Lombardia. Ma Conte decide di aspettare. Oggi la procura per lui e per Speranza ha chiesto l'archiviazione.
La procura ha chiesto per Speranza, oggi esponente di Articolo 1, l'archiviazione dall'accusa di rifiuto d'atti d'ufficio per non avere firmato il piano pandemico del 2006, che conteneva misure per contenere l'influenza. Certamente un piano inadeguato, che però aveva già in sé alcune indicazioni importanti (tamponi e organizzazione dei posti letto negli ospedali) per attuare una prima linea difensiva anche contro l'emergenza Covid. "Quel piano era totalmente ininfluente per combattere la pandemia da coronavirus", ha sottolineato il legale. Speranza a questo punto scarica la colpa su Crisanti, che nella sua consulenza di parte ha messo in luce le mancanze del governo dopo gli allarmi dell'Oms rispetto a una nuova emergenza sanitaria.
"Questa non è giustizia, con questa richiesta è stata tradita per l'ennesima volta la memoria dei nostri cari e il loro sacrificio": commentano così i familiari delle vittime del Covid19 dell'Associazione #Sereniesempreuniti. "Ricordiamo che la Procura di Bergamo, partendo anche dai nostri esposti, ha lavorato 3 anni a questa maxi indagine che coinvolge politici e funzionari a tutti i livelli. Le responsabilità accertate che hanno causato le morti dei nostri cari sono inconfutabili. Anche noi, con i nostri legali, da 3 anni ci battiamo per fare memoria e per ottenere la verità. Ora toccherà al Tribunale dei Ministri esprimersi: la questione non è chiusa, confidiamo nella presa di coscienza di quanto accaduto, perché il Covid19 non è stato uno tsunami come ci vogliono far credere: molte morti si sarebbero dovute evitare e qualcuno è responsabile di ciò".
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