Omicidio Regeni, rinvio a giudizio per quattro 007 egiziani. La madre: "È una bella giornata"

La decisione è arrivata nelle scorse ore, soddisfazione è stata espressa dalla famiglia del ricercatore italiano ucciso nel 2016

Omicidio Regeni, rinvio a giudizio per quattro 007 egiziani. La madre: "È una bella giornata"
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Passo in avanti importante per l'accertamento della verità sulla morte di Giulio Regeni, avvenuta in Egitto nel gennaio del 2016. Per appurare le fasi che hanno portato all'uccisione del ricercatore italiano si farà un processo, la cui prima udienza si terrà nel prossimo mese di febbraio. Quattro gli imputati, tutti appartenenti ai servizi segreti egiziani. Dopo la decisione, la famiglia ha espresso la sua soddisfazione. "Oggi - ha dichiarato la mamma di Giulio Regeni - è una bellissima giornata".

I 4 imputati accusati della morte di Regeni

I nomi sono conosciuti da anni. Sono tutti membri degli 007 de Il Cairo, coloro che materialmente all'interno di un edificio dei servizi di sicurezza della capitale egiziana avrebbero torturato a morte Giulio Regeni. Si tratta, in particolare, di Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abedal Sharif. A loro si è arrivati dopo le indagini scattate all'indomani dell'omicidio.

Per diverso tempo però il procedimento nei loro confronti ha rischiato di interrompersi. L'Egitto non ha sufficientemente collaborato con le autorità italiane per accertare la verità e per consegnare al nostro Paese i quattro imputati. A settembre la svolta: secondo la Corte di Cassazione, pur in assenza dei quattro accusati, è possibile far iniziare il processo. La mancata collaborazione di un Paese straniero quindi, non può costituire pregiudizio per continuare l'iter processuale e accertare la verità.

Secondo l'accusa, gli imputati avrebbero a vario titolo partecipato al sequestro e all'uccisione di Regeni. Il ricercatore italiano, dottorando dell'Università di Cambridge, stava effettuando una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani. Di lui poi, alla vigilia del quinto anniversario della primavera araba in Egitto, il 25 gennaio 2016 si sono perse le tracce. L'unica cosa certa di quel giorno è che Regeni era in centro a Il Cairo, prima di sparire nel nulla.

Il suo corpo senza vita è stato ritrovato a inizio febbraio abbandonato in un canalone dell'autostrada per Alessandria. Le autorità locali hanno sempre sposato la linea della rapina finita malamente, con tanto di accuse a specifici malavitosi locali. Ma per la famiglia prima e per le autorità italiane poi, quello di Regeni sarebbe stato un omicidio politico attuato dentro le stanze dei servizi segreti egiziani. A dimostrarlo i segni sul corpo del giovane, martoriato da giorni di torture.

Le indagini hanno poi portato, nonostante la poca collaborazione de Il Cairo, all'individuazione di quattro presunti responsabili. Per loro adesso scatterà il processo. La prima udienza è stata fissata per il 20 febbraio 2024. In tal modo, il Gup di Roma ha accolto le richieste avanzate dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco.

La soddisfazione della famiglia

Difficilmente i quattro imputati si vedranno in Italia. Tuttavia il processo rappresenterà per la famiglia Regeni molto più di una semplice consolazione. Si tratta, al contrario, della possibilità di arrivare a una verità giudiziaria. Per questo la prima reazione alla decisione del Gup di Roma è arrivata dalla mamma del ragazzo. "Ringraziamo tutti - ha dichiarato ai giornalisti presenti - oggi è una bella giornata". Nell'ambito del processo, la presidenza del consiglio dei ministri sarà parte civile.

"Le notizie di oggi - ha commentato Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni - sono la conferma della costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, la presa d'atto del giudice delle motivazioni della Consulta e l'ulteriore notorietà anche in Egitto del procedimento a carico dei 4 imputati per il sequestro, le torture e l'omicidio di Giulio Regeni".

"Una notorietà - ha proseguito l'avvocato - legata anche al recente incontro tra il ministro degli Esteri, Antonio Tajani e Al Sisi durante il quale il ministro ha informato il presidente egiziano che si procederà in Italia contro i 4 imputati.

Il giudice ha inoltre rigettato tutte le eccezioni compresa quella sulla giurisdizione perché non si può dubitare, come hanno fatto le difese degli imputati, che anche i meri sequestratori di Giulio gli hanno cagionato, catturandolo e tendendolo sequestrato per 9 giorni, sofferenze fisiche e psicologiche".

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