Protestava e si batteva contro il regimedi Teheran. Scendeva in piazza tutti i giorni. Quel coraggio però gli è costato la vita. Mehdi Zare Ashkzari, un 33enne che aveva studiato all'Università di Bologna, è morto in Iran dopo 20 giorni di coma in seguito alle torture subite in carcere. Lo ha fatto sapere Amnesty International, comunicando l'ennesima violenza fatale operata dal regime dei mullah. In passato il giovane aveva studiato Farmacia in Italia, nel capoluogo emiliano, e aveva lavorato in una pizzeria - prima come fattorino, poi come aiuto-cuoco - per pagarsi la frequentazione dei corsi. Due anni fa era tornato in Iran per stare con la madre morente, senza più riuscire a raggiungere di nuovo il nostro Paese.
L'arresto, le torture in carcere e il coma
"Da quando sono iniziate le manifestazioni, anzi la rivoluzione direi, lui scendeva tutti i giorni in piazza per lottare contro il regime iraniano. L'hanno arrestato", ha riferito al Corriere un amico di Mehdi Zare Ashkzari, riportando la testimonianza di un altro giovane che invece era riuscito a scappare dalle autorità. In cella lo studente aveva subito violenze e percosse talmente forti da procurargli danni fisici irreparabili. Sarebbe stato rilasciato dopo i pestaggi per evitare che si sentisse male mentre era in carcere. Era stato torturato tanto, "al punto che dopo 20 giorni di coma è morto", hanno riferito da Amnesty International, citando fondi iraniane. "Domani ti seppelliranno accanto alla tomba di tua madre è li ritroverai la pace, ma mi raccomando non farle vedere i segni delle botte e dei lividi e il tuo naso rotto, che hai subito nella detenzione di sicurezza", ha scritto in un messaggio un parente di Mehdi Zare Ashkzari.
Chi era lo studente morto in Iran
Il ragazzo è stato vittima, come centinaia di altri giovani, della violenta repressione sferrata dal regime di Teheran contro le proteste iniziate lo scorso 16 settembre. La notizia ha suscitato sconcerto e indignazione, in particolare a Bologna dove il giovane aveva intessuto amicizie in ambito universitario. "Era venuto qui per inseguire il suo sogno, ma è dovuto tornare e ritornato a casa lavorava ancora in pizzeria. L'ultima volta che l'ho sentito era felice, mi diceva: 'Con la famiglia andiamo avanti'. Anche lui partecipava alle manifestazioni per la libertà, per trovare quello che vogliamo avere tutti noi", hanno raccontato all'Ansa alcuni amici del ragazzo.
La reazione di Patrick Zaki
A molti la vicenda ha ricordato quella - se pur differente - dello studente egiziano dell'Unibo Patrick Zaki, arrestato in patria il 7 febbraio 2020 fino all'8 dicembre 2021, tuttora sotto processo in Egitto per reati d'opinione. E lo stesso Zaki ha commentato il triste aggiornamento proveniente dall'Iran. "Il nuovo anno inizia con questa notizia per darci un avviso sulle violazioni dei diritti umani che si verificano nella regione di Swana e in particolare in Iran.
Unibo ha ora una nuova vittima della libertà di espressione. Purtroppo, questa volta, era troppo tardi per salvarlo. Tutte le mie condoglianze alla sua famiglia e a noi per questa grande perdita", ha denunciato il giovane.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.