Aziende e contratti fasulli, così davano permessi di soggiorno agli stranieri

Sono 11 le persone a risultare indagate a vario titolo: il danno all'erario è stato quantificato in oltre 240mila euro

Aziende e contratti fasulli, così davano permessi di soggiorno agli stranieri
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Gli uomini della Guardia di finanza del comando provinciale di Bergamo, con la collaborazione dei colleghi delle Fiamme gialle di Brescia, hanno dato esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia nei confronti di 11 persone ritenute a vario titolo responsabili dei reati di associazione per delinquere, in relazione a condotte di truffa ai danni dello Stato, permanenza illecita di 93 cittadini stranieri nel territorio nazionale e all’indebita percezione di prestazioni erogate da Enti previdenziali e assistenziali.

L'inchiesta, coordinata dalla procura della Repubblica di Brescia e affidata ai militari della Guardia di finanza della Tenenza di Clusone, ha consentito agli inquirenti di ricostruire il modus operandi degli indagati, che avevano costituito ad hoc otto aziende, fittizie in quanto di fatto non operanti, che venivano utilizzate con l'unico scopo di sottoscrivere falsi contratti di lavoro in favore di ben 93 individui extracomunitari.

Questi ultimi, che risultano tutti indagati, potevano in tal modo beneficiare del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno nonché dell'attribuzione di una serie di sussidi economici a loro non spettanti, come ad esempio l’Assegno Ordinario del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) e la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI).

La condotta fraudolenta messa in atto dai responsabili ha consentito ai 93 cittadini stranieri di mettere le mani su una serie di benefici per un valore complessivo quantificabile in oltre 240mila euro. La risultanza delle indagini condotte dagli uomini della Guardia di finanza ha consentito al pubblico ministero del tribunale di Brescia di richiedere al gip l'emissione di un provvedimento di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari, nonché l’obbligo di dimora nei riguardi degli 11 indagati, tutti residenti nella provincia di Brescia.

Al momento i destinatari di questi provvedimenti sono da considerare innocenti fino almeno alla sentenza di primo grado, e la diffusione della notizia è

stata autorizzata dalla stessa Autorità giudiziaria, "sussistendo l’interesse pubblico dell’informazione, connesso alla vastità delle presunte condotte frodatorie e al correlato danno economico per l’erario".

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