Non è andato tutto bene. Neanche un po'. Oggi converrebbe usare un po' meno retorica e più buon senso per non trasformare una crisi, sociale ed economica, in una tragedia. La buona notizia è che le imprese italiane hanno più volte dimostrato di saperlo fare.
Certo i dati forniti ieri da Confcommercio sono duri. Nel 2020 i consumi sono crollati di 126 miliardi, quasi duemila euro a testa, neonati compresi. Il prodotto di un Paese, per farla semplice, è fatto di consumi, il caffè al bar e le scarpe al negozio; e di investimenti, la macchina per l'artigiano e le gallerie delle autostrade. I primi sono crollati, come visto. E hanno resistito, si fa per dire, solo perché ve ne sono alcuni, quelli sanitari e alimentari, piuttosto incomprimibili. I secondi si sono praticamente azzerati. Sul fronte dei consumi, inoltre, le cose peggiori sono occorse al Nord.
Questo è lo scenario dell'anno che è passato. E non ci voleva un frate indovino per capire che le canzoni dai balconi erano una pagliacciata. Con ogni dpcm e restrizione (lasciamo perdere la loro necessità, che dal punto di vista economico non rileva) si decretava la fine di un'impresa, la morte economica di un imprenditore, e la conseguente riduzione di forza lavoro.
Le cose saranno ancora difficili. Secondo le previsioni, i consumi faranno nel 2021 un balzo in avanti, quasi del 4%. Ma è poca roba: non riusciranno a coprire neanche un terzo di quanto perso.
Essere realisti oggi, come non essere follemente incoscienti ieri, è utile per capire cosa fare. Quando il consumatore ha paura non spende, quando le imprese non hanno consumatori non investono. Ecco, su questi due fronti si può fare qualcosa.
Campagna di vaccinazioni e restituzione veloce delle nostre libertà ci aiuteranno ad uscire da questa insana cappa di paura e incertezza. Dall'altra parte le imprese possono, e oggi devono, osare. Chi ha resistito fino ad ora scommetta, investa, si ristrutturi, sgomberi la polvere che comunque aveva in casa anche prima della pandemia. Lo hanno fatto i nostri nonni con le macerie. Certo, hanno avuto il piano Marshall (il Recovery, più che un piano è un debito le cui chiavi sono in mano ai nostri burocrati) e una classe politica con un progetto.
Ma allora come oggi, il merito va essenzialmente a loro: a migliaia di imprenditori e milioni di lavoratori che hanno investito in questo Paese.Forse è retorica, ma certamente più digeribile di quella strafatta sulla resilienza, la più brutta postura del mondo, dopo le canzoncine allegre dai balconi.
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