"Barbie è stata il mio sogno di bambina. Adesso parla con la mia voce"

Emanuela Pacotto è la doppiatrice della bambola più famosa del mondo: «Sono lei da 14 anni: mamma da piccola creava i suoi vestitini solo per me». E racconta: «Ho cominciato con le sue pubblicità. Poi dissero: solo tu puoi farla parlare»

"Barbie è stata il mio sogno di bambina. Adesso parla con la mia voce"

Per lei barbie ormai è una sorella, una parte di lei non solo in senso affettivo. Emanuela Pacotto, attrice e doppiatrice milanese, una forza della natura ricca di entusiasmo e colori, è da 14 anni la voce italiana della bambola più famosa del mondo, l’alter ego di un simbolo globale. Per lei che si è diplomata all’Accademia d’Arte dei Filodrammatici con Ernesto Calindri e che diventò popolarissima con la serie cult anni Ottanta "Love me, Licia", dove interpretava Marika, il rapporto con Barbie parte da lontano. E non ha mai conosciuto ombre.

Quanti film di Barbie ha doppiato?

«Dal dal 2006 a oggi una trentina e almeno cinque serie di cartoni, in televisione e su YouTube».

Si ricorda il primo?

«Come no. Barbie e le 12 principesse danzanti, ispirata a una fiaba dei fratelli Grimm. Ho persino cantato».

Come è diventata Barbie?

«All’inizio ero stata ingaggiata per dare voce alle pubblicità di Barbie, poi quando sono arrivati i film la Mattel ha detto: noi vorremmo tenerci la ragazza della pubblicità. E la Universal dopo avermi provinato ha detto: okay, va bene anche per noi».

Ma lei da piccola giocava con la Barbie?

«Come tutte le bambine. Vorrei trovarne anche una sola che non abbia mai giocato con Barbie. Non essendo nata in una famiglia super agiata, mamma mi cuciva i vestitini per Barbie. I modelli quindi erano unici, disegnati e realizzati solo per me».

La sua preferita?

«Mi piace molto quella disegnata da Andy Warhol. Ma la mia Barbie quand’ero piccola era tutta un’altra cosa: aveva qualche taglia in più di reggiseno ed era più rigida. Oggi colleziono le Barbie, perchè anche se cresci resta una parte importante del tuo vissuto».

Che cosa rende eterna Barbie?

«È un’icona che ha saputo sempre adattarsi alle epoche che cambiavano. É sempre rimasta vicino alle bambine».

Anche al mondo d’oggi?

«Soprattutto al mondo d’oggi. Adesso, oltre ad avere un canale yotube italiano, è diventata una blogger: davanti al computer affronta anche argomenti importanti come bullismo e razzismo. E nonostante sia un cartone è molto più vera di tanti blogger in carne e ossa».

In cosa è diversa da tutte le altre bambole?

«Quando Barbie è nata è stata la rivoluzione nel mercato ma anche del costume perché le bambine per la prima volta si identificavano in un modello adulto che non era la mamma. E da lì ha continuato ad evolversi: oggi ogni bambina di qualsiasi nazionalità può riconoscersi in lei. Anche per questo sono molto orgogliosa di essere la voce di Bambie: non è solo un gioco, è una filosofia di vita».

Una volta Barbie si è persino candidata alla Casa Bianca...

«Ha quasi la stessa età di Trump e Biden ma si mantiene meglio... Del resto un po’ politica è: ha indicato la strada, è stata la prima in tante cose. Potrebbe essere persino la prima donna presidente...»

Il messaggio di Barbie qual’è?

«Che puoi essere tutto ciò che desideri: che devi credere nei tuoi sogni e in te stessa».

Oltre a Barbie a chi da la sua voce?

«Sono la voce delle anime giapponesi: Bulma di Dragon Ball, Jessie dei Pokemon e Nami di One Pice. Interpreto spesso pazze scatenati che sono il contrario di Barbie».

C’è una voce di una collega doppiatrice che le piace?

«Quella di Domitilla D’Amico, che è poi la voce di Scarlett Johansson, Kirsten Dunst, Emma Watson. É molto diversa dalla mia, ma trovarla un giorno in un film di Barbie con me è stata una sorpresa bellissima».

Il doppiatore di solito vive al buio e al chiuso come i tempi che stiamo vivendo oggi...

«Si, siamo abituati a vivere nelle tenebre, ma per scelta non per obbligo. Io la vivo male. E come se l’aria intorno fosse diventata tossica».

Come finirà con Ken?

«Eh, nessuno può saperlo... Anzi nella serie di adesso sono tornati indietro nel tempo, come degli adolescenti al primo appuntamento. Tutto ricomincia da capo. E forse è meglio così…»

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