Tanti anni fa ho visto morire sull'asfalto un cavallo che era fuggito dallo stallino e, nella folle corsa, era stato investito da un bus. Cinque veterinari e due ore di tentativi per salvarlo non sono bastati. Ricordo l'enorme gabbia toracica sollevarsi nell'estremo tentativo di espandere polmoni, ricordo le bolle, il muco e il sangue uscire dalle froge, e ricordo quegli occhi, occhi che non capivo sembravano implorare la fine. È brutto, per chi ancora è dotato di umana pietà, vedere morire un animale nel dolore, ma è ancora più drammatico vedere morire un cavallo, per la sua sensibilità al dolore, per la sua armonia anche nella sofferenza e perché la sua stazza rende la tragedia ancora più grande. Quello fu un incidente, ma quando si mandano i cavalli a morire ci vuole proprio il disprezzo per quel benessere animale di cui la politica (tutta) si ricorda in due righe striminzite quando l'apertura delle urne è vicina.
Con una simile agonia è morto ieri uno dei tanti cavalli obbligati a trasportare quelle che a Roma chiamano «botticelle» e dalle altre parti, con maggiore nobiltà, carrozze. In realtà sono carri da morto che trasportano turisti ignoranti della fatica mostruosa che fa un cavallo a trainare pesi insopportabili in giornate dove sotto al sole si possono cuocere le uova. L'ignoranza del turista, che nulla ha da fare se non divertirsi, può anche starci: non tutti sono dotati di sensibilità nei confronti degli animali. Quello che invece non ci sta è la colpevolezza degli amministratori, soprattutto dei sindaci che hanno il dovere istituzionale della buona sanità, compresa quella animale. Senza dimenticare le Ausl che dovrebbero avere all'interno dei servizi veterinari la cosiddetta area C, quella del benessere animale. Abbiamo gioito, pochi giorni fa, perché la Grecia ha vietato la macellazione dei cavalli, questi sì veri monumenti storici di cui ogni città dovrebbe vantare un'effigie pubblica, visto che ci hanno praticamente tirati fuori dalle caverne. In Italia, una delle prime nazioni per consumo di carne equina, il monumento è un tir che arriva dall'Est con cavalli che fanno migliaia di chilometri con le zampe spezzate per finire in un lurido macello. In Italia si spaccano le zampe nei vari palii intitolati a santi e vergini. In Italia, ancora oggi, si caricano i turisti con il sorriso ebete sulle carrozze per rinverdire i fasti di un tempo. Il tempo di un ultimo tragitto dalla Reggia di Caserta al resort, con un caldo soffocante, per piegare la resistenza di un cuore che cerca di pompare 30 litri di sangue ormai coagulato e fare raschiare la terra alla criniera. Si è invocato il buon senso dei sindaci (Raggi in primis).
Orari adeguati, tragitti in parchi all'ombra, un carico meno pesante da trainare. Nulla da fare. L'unica strada è vietare queste pratiche. Punto. Vergognose.P.S. «La Direzione della Reggia di Caserta esprime profondo dispiacere per l'accaduto».
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