"Basta investimenti" Il Papa toglie i soldi alla segreteria di Stato

La Segreteria di Stato Vaticana rimane "senza portafoglio": addio alla gestione delle finanze, degli investimenti e del tanto discusso Obolo di San Pietro

"Basta investimenti" Il Papa toglie i soldi alla segreteria di Stato

La Segreteria di Stato Vaticana rimane "senza portafoglio": addio alla gestione delle finanze, degli investimenti e del tanto discusso Obolo di San Pietro, finito al centro degli ultimi scandali finanziari che hanno scosso le sacre stanze, con il defenestramento del cardinale Angelo Becciu e un'inchiesta che vede indagati laici e monsignori. È una decisione storica quella di Papa Francesco che con una lettera al cardinale Pietro Parolin datata 25 agosto ma diffusa dalla Sala Stampa della Santa Sede soltanto ieri, ha trasferito l'intera gestione del tesoretto della Segreteria di Stato, composto da beni mobili e immobili, all'Apsa, la Banca Centrale Vaticana, guidata da monsignor Nunzio Galantino e quindi sotto il controllo della Segreteria per l'Economia, ufficio che fu guidato dal cardinale Pell e che oggi vede alla testa il gesuita padre Guerrero Alves.
Un'operazione di accentramento delle finanze vaticane voluta da Bergoglio in persona che incorona un unico, grande, vincitore morale di tutta la vicenda: proprio il cardinale George Pell che da «Ministro dell'Economia» del Vaticano, tre anni fa, prima di esser rispedito in Australia a difendersi dalle accuse, rivelatesi false, di pedofilia, avrebbe voluto che quei fondi passassero proprio sotto il controllo del dicastero economico che guidava. All'epoca si scatenò una guerra intestina, con accuse e pugni sui tavoli, fino al congedo del «ranger» australiano, che ha scontato anche un anno e mezzo di carcere nel suo Paese. Di ritorno a Roma, Pell, qualche settimana fa ha incontrato il Papa con il quale ha discusso anche di faccende economiche.
Nel documento firmato da Francesco si fa un chiaro riferimento anche allo scandalo del palazzo di Sloane Avenue a Londra che ormai da oltre un anno tiene la Segreteria di Stato sotto i riflettori di tutto il mondo. Bergoglio, infatti, nella lettera dice senza troppi giri di parole: «Una particolare attenzione meritano gli investimenti operati a Londra ed il fondo Centurion (un fondo maltese attraverso il quale il Vaticano ha investito i soldi dei poveri in giocattoli, robotica, cinema, ecc., ndr), dai quali occorre uscire al più presto o, almeno, disporne in maniera tale da eliminarne tutti i rischi reputazionali». Francesco, svuotando la Segreteria di Stato, chiede anche ai suoi vertici di «valutare la necessità dell'esistenza dell'ufficio amministrativo», quello che fino a oggi ha fatto partire tutti i pagamenti disposti dal dicastero, fino a poco tempo fa guidato da monsignor Alberto Perlasca, anche lui allontanato e oggi indagato nell'inchiesta finanziaria d'Oltretevere per vari pagamenti sospetti. Un chiaro depotenziamento della Segreteria di Stato che da adesso in poi dovrà render conto alla Segreteria per l'Economia di ogni operazione, non avendo più alcuna autonomia sui fondi, il cui utilizzo era sempre stato a discrezione dei vertici del dicastero. Una mossa, però, che di certo alleggerisce di responsabilità e toglie qualche rogna al Segretario di Stato, Pietro Parolin, e al suo numero due, il Sostituto monsignor Edgar Peña Parra. Francesco, nella sua lettera di agosto, aveva chiesto che il passaggio dei fondi da una struttura all'altra, avvenisse entro il 1° novembre scorso.

Richiesta che non è stata realizzata: per questo Bergoglio, qualche sera fa, ha indetto una riunione durante la quale ha istituito una «Commissione di passaggio e controllo», formata da Peña Parra, Galantino e Guerrero Alves, per «portare a compimento, nei prossimi tre mesi, quanto disposto».

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