La battaglia del grano al porto di Bari

L'allarme della Coldiretti: i consumatori non conoscono la provenienza di ciò che consumano e vengono agevolati i produttori esteri a scapito di quelli italiani

La battaglia del grano al porto di Bari

L'analisi della Coldiretti è spietata: un pacco di pasta su tre contiene grano straniero come anche il cinquanta per cento del pane venduto in Italia.
Una tradizione, quella del grano, tutta made in Italy e, soprattutto made in Puglia, messa sotto scacco dalle logiche del mercato internazionale che hanno creato non pochi malumori tra i produttori italiani. Nel mirino è lo sbarco di grano straniero destinato alla produzione di pane e pasta senza alcuna indicazione sull'etichetta della reale provenienza. L'inganno ai danni dei consumatori e la concorrenza sleale nei confronti dei produttori italiani impegnati a garantire qualità e sicurezza dei raccolti sono così in agguato.
"Sono ben 2,3 milioni le tonnellate di grano duro arrivate lo scorso anno dall'estero, quasi la metà delle quali proprio dal Canada, che peraltro ha fatto registrare nel 2017 un ulteriore aumento del 15 per cento", spiega Coldiretti, "una realtà che rischia di essere favorita dall'approvazione da parte dell'Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che prevede l'azzeramento strutturale dei dazi indipendentemente dagli andamenti di mercato". "Un pericolo anche per i consumatori - sottolinea l'associazione - con i cereali stranieri risultati irregolari per il contenuto di pesticidi che sono praticamente il triplo di quelli nazionali, a conferma della maggiore qualità e sicurezza del Made in Italy".
Parole dette, tempo fa, in occasione dello sciopero dei produttori al porto di Bari per fermare le navi straniere con il carico di grano proveniente dal Canada.

La Coldiretti si appella soprattutto al fatto che non sia presente in etichetta il paese d'origine del grano. Questo non solo non tutela i consumatori (il grano extraeuropeo non rispetta, chiaramente, le regole imposte dall'Unione Europea), ma mette allo sbaraglio anche l'economia italiana e i profuttori di grano. "La mancanza dell'etichetta di origine non consente ancora - continua Coldiretti - di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l'economia nazionale" ha dichiarato ancora in una nota l'associazione che riunisce i coltivatori.

Coldiretti mette nero su bianco i dati allarmanti "I campioni risultati irregolariper un contenuto fuori legge di pesticidi sono pari allo 0,8 per cento ne caso di cereali stranieri, mentre la percentuale scende ad appena lo 0,3 per cento nel caso di quelli di produzione nazionale. Peraltro in alcuni Paesi terzi vengono utilizzati principi attivi vietati in Italia, come nel caso del Canada, dove si realizza un uso intensivo del glifosate proprio nella fase di pre-raccolta per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato. La sostanza è stata vietato in Italia dal 22 agosto 2016, entrando in vigore il decreto del ministero della Salute che lo annovera tra i prodotti cancerogeni".

Il governo ha accolto positivamente la richiesta della Coldiretti. In particolare i ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo economico Carlo Calenda hanno avviato la procedura formale di notifica all'Unione europea dei decreti per l'introduzione in Italia dell'obbligo di indicazione della materia prima per la pasta.


Insomma, una vera e propria “guerra” del grano le cui origini sono legate al profitto rischia di lasciare segni profondi sui cittadini. Una beffa nel paese che ha scritto pagine di storia con l'autarchica “battaglia del grano”.

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