Pestato a morte e gettato in un dirupo: condannati due stranieri

I due simularono un falso incidente tra i boschi dell’appennino bolognese: condannati un serbo e un rumeno

Un'aula di udienza durante un processo
Un'aula di udienza durante un processo

Un serbo e un rumeno sono stati condannati a Bologna per aver pestato a morte un operaio edile calabrese, Consolato Ingenuo, gettando il suo cadavere in un dirupo e occultando le tracce del crimine.

Il delitto risale alla fine di luglio del 2019 e ieri la Corte d’Assise di Appello del capoluogo emiliano ha confermato la sentenza di primo grado, condannando Ivan Rudic, 36enne di origini serbe, autotrasportatore, alla pena dell’ergastolo per l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e occultamento di cadavere. Mentre il rumeno Mihai Apopei, operaio di 51 anni, è stato condannato a due anni di carcere per la sola accusa di occultamento di cadavere, essendo stato riconosciuto colpevole in primo e in secondo grado per aver aiutato l’amico Rudic a disfarsi del corpo del povero Ingenuo, di 42 anni di età, originario di San Nicola da Crissa, in provincia di Vibo Valentia, trasferitosi dalla Calabria ad Amore, frazione appartenente al comune di Vergato, in provincia della Città Metropolitana di Bologna. Il cadavere di Ingenuo era stato ritrovato il 30 luglio del 2019.

La vittima sarebbe stata pestata a sangue e uccisa da Rudic, al termine di una serata trascorsa in un bar di Tolè. I due avevano avuto una violenta discussione per futili motivi e dalle parole si era passati alle mani.

Il serbo Ivan Rudic si sarebbe accanito contro il 42enne calabrese con una violenza inaudita, provocandogli vari traumi e lesioni che portarono al suo decesso. Spalleggiato dal rumeno Apopei, il 36enne serbo aveva trasportato il corpo esanime del calabrese – secondo la ricostruzione degli inquirenti – lungo la strada provinciale per Cereglio, gettandolo poi in un dirupo al solo fine di simulare un incidente d’auto.

Ma gli inquirenti sono riusciti a ricostruire rapidamente i fatti, spiccando un rapido provvedimento di fermo di indiziato di delitto a carico di Rudic e anche di Apopei. Numerosi gli indizi raccolti a carico dei due indagati, tra cui il ritrovamento di tracce di sangue nell’automobile della vittima, abbandonata a circa un chilometro dal luogo in cui la mattina seguente venne rinvenuto il cadavere di Ingenuo.

I due stranieri, durante il dibattimento penale, si sono sempre dichiarati innocenti, come avvenuto nella fase delle indagini preliminari, ma la Corte di Assise e la Corte di Assise di Appello hanno inflitto la pesante condanna al Rudic, considerato l’esecutore materiale dell’omicidio volontario, a cui è giunto a seguito di una vera e propria esplosione di

rabbia – come sottolineato dai Giudici - ed anche a carico Mihai Apopei, accusato d’aver spalleggiato il suo amico.

Parti civili del processo penale: la compagna del 42enne calabrese e gli altri suoi congiunti.

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