"I panni sporchi si lavano in famiglia", recita il proverbio. Ma non è sempre possibile o, almeno, non quando di mezzo ci sono tradimenti coniugali e sete di vendetta. Lo sa bene una settantenne pesarese che, a seguito di una presunta sequenza seriale di infedeltà del marito, ha deciso di trascinare '' il fedifrago" in tribunale con la speranza di ricevere un lauto risarcimento pecuniario per l'adulterio subito. Peccato che lo abbia fatto 15 anni dopo l'atto formale di separazione. "Troppo tardi", per i giudici della Cassazione.
Così, la moglie ''tradita'' - o presentuna tale - è tornata a casa con un pugno di mosche e un grosso rospo da mandar giù. Stando a quanto riferisce il quotidiano La Nazione, tutto comincia nel lontano 2009. Dopo 30 anni di matrimonio, lui, 74enne pesarese e bancario in pensione, lei ex impiegata di 71 anni, decidono di porre fine alla loro relazione. La moglie, come sovente accade in questi casi, presenta il suo conto: 700 euro per l'assegno di mantenimento e 250mila di ''buona uscita'', circa la metà dei risparmi messi da parte durante il lungo periodo di convivenza. Ma non è tutto. Certa che i motivi della rottura siano attribuibili ai tradimenti seriali del marito, la donna chiede al presunto fedifrago anche l'addebito della separazione: per quindici anni si sarebbe concesso scappatelle e liaison che sarebbero finite sulla bocca di tutti. Il traditore, invece, nega tutto. Desiderosa di rendergli pan per focaccia, la 74enne interpella la giustizia.
Il caso finisce sul banco del Tribunale di Pesaro che, dopo aver esaminato la vicenda, respinge ogni richiesta di risarcimento. Per il giudice, la donna non ha portato alcuna prova di quelle relazioni extraconiugali, se non dei testimoni che hanno detto di averle sapute da lei. Ma poi, aggiunge, anche se le avesse dimostrate "si sarebbe svegliata troppo tardi" per denunciarli. E soprattutto dopo averli tollerati per 15 anni. "Per la mancanza di indicazioni temporali certe e comunque per la risalenza di tali relazioni extraconiugali, secondo la prospettazione della ricorrente, la prova del nesso causale, anche a voler ritenere provate le suddette relazioni, sarebbe mancata", recita la sentenza degli ermellini. Ma la tradita non si dà per vinta e ritorna alla carica in Apello. Ma, anche in questa circostanza, riceve un due di picche. A quel punto, tenta il tutto per tutto in Cassazione. Risultato? Torna a casa a mani vuote e, per di più, viene condannata al pagamento delle spese legali di 6mila euro di spese legali. "Di fatto poco - spiega il difensore del marito, l'avvocato Claudia Cardenà del foro di Ancona, al quotidiano La Nazione -. Se i giudici avessero accolto la domanda di separazione con addebito per infedeltà coniugale, la signora avrebbe potuto chiedere un risarcimento danni per violazione di quello che è un obbligo, la fedeltà appunto".
Ma i tradimenti non sono stati provati. "E dire che oggi basta poco - continua il legale - con i telefonini non serve più neanche l'investigatore privato. Ma non era il nostro caso, il mio cliente non è un fedifrago".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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