Cassazione: nel momento del travaglio il feto è una persona con tutti i diritti

Con una sentenza, la Cassazione ha stabilito che il feto, anche se ancora nell’utero durante il travaglio deve essere considerato una persona. L’ostetrica negligente che ha provocato la morte di un bambino risponderà di omicidio colposo e non aborto colposo

Cassazione: nel momento del travaglio il feto è una persona con tutti i diritti

Farà di certo discutere la sentenza della Cassazione che ha stabilito come il feto durante il travaglio, anche se ancora nell'utero, va considerato come una persona, con tutti i diritti che ne discendono.

Nel giudizio si legge del “totale ampliamento della tutela dei diritti della persona e della nozione di soggetto meritevole di tutela, che dal nascituro e al concepito si è poi estesa fino all'embrione”, il feto “benchè ancora nell'utero”, deve essere considerato un “uomo” nella fase di “transizione dalla vita uterina a quella extrauterina”.

L'ostetrica che provoca la morte del nascituro risponderebbe di omicidio colposo e non di aborto colposo. Sulla base di queste considerazioni, che tengono conto dell'evoluzione "normativa e giurisprudenziale italiana e internazionale" nel campo dei diritti della persona, la Cassazione ha confermato la condanna ad un anno e nove mesi di reclusione, con pena sospesa, nei confronti di un'ostetrica accusata di omicidio colposo.

La donna, nel corso del suo lavoro, non aveva monitorato con attenzione il battito cardiaco di un feto mentre la madre era in travaglio. A quest’ultima era stata somministrata dell'ossitocina per aumentare le contrazioni.

L'ostetrica, che aveva chiesto una condanna più mite per aborto colposo, durante il parto continuava a rassicurare il ginecologo che tutto procedeva regolarmente.

Invece non era così. Il bambino, infatti, venne alla luce già morto. La causa del decesso del piccino fu l’asfissia. I periti stabilirono che la congestione degli organi e lo stato di sofferenza fetale"non si era determinata in pochi minuti" ma in almeno mezz'ora.

Fu stabilito che se il monitoraggio fosse stato corretto, il bimbo poteva essere

salvato ricorrendo al cesareo evitando, così, il dramma. Per la Cassazione "la tutela della vita non può soffrire lacune": per questo, anche il "percorso" dei nascituri nel canale uterino deve essere "protetto" dalla legge.

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