La Sindrome di Somalia, fresca variante della vecchia Sindrome di Stoccolma, non ha colpito solo la nota volontaria milanese. Ha colpito anche la Chiesa o, meglio, quel grosso pezzo di Chiesa che non crede più a Cristo come unica via per la salvezza. Insomma, la Chiesa relativista secondo la quale tutte le fedi, purché sinceramente vissute, vanno grosso modo bene, ed è la Chiesa che piace a coloro che chiamo cattolici ipocredenti, oltre che a innumerevoli atei, agnostici, spiritualisti, deisti, panteisti, lettori di Gianni Vattimo, follower di padre Spadaro... A leggere il sito di Famiglia Cristiana (aggettivo abbastanza usurpato) Silvia Romano è una specie di eroina, una futura santa ecumenica, mentre le onlus sono anticamere del paradiso e la liberazione dell'ostaggio un'impresa buona e giusta su cui non bisogna permettersi di sollevare dubbi. Marco Lombardi, docente della Cattolica (a proposito di aggettivi usurpati...), si spinge a dire che «ogni italiano deve essere riportato a casa, senza remore a pagare un riscatto». E pazienza per i cristiani africani a cui sono destinate le pallottole comprate con i soldi gentilmente versati dal contribuente italiano ad Al Qaida. Le firme della rivista fondata nel 1931 dal beato Alberione, lui per nulla relativista bensì tutto cattolico (starà rivoltandosi nella tomba), al massimo arrivano a concedere che la conversione potrebbe essere forzata, opportunistica, finalizzata a salvarsi la vita. Ma compiono peccato di omissione perché tralasciano, anche loro per opportunismo, il passaggio successivo: una religione che si fa largo con la violenza non può essere una buona religione e di sicuro è lontanissima dal cristianesimo che insegna a porgere l'altra guancia.
I sintomi più gravi vengono accusati dal povero parroco del Casoretto, il quartiere milanese in cui Silvia Romano risiede e dove ha frequentato l'oratorio. Devastato dalla Sindrome somala, don Enrico Parazzoli dice che la conversione della ex parrocchiana merita «grande rispetto». Ma come, non si sospetta che sia stata strappata con la violenza? Dobbiamo forse grande rispetto ai facili risultati della forza bruta? Pare di sì. «Dovrà dire lei - insiste il parroco - se l'islam è la risposta corretta per la sua esistenza».
Forse non se n'è accorto, ma così dicendo don Enrico ha dato le sue dimissioni da prete: ai sacerdoti è affidata la missione apostolica, chi smette di evangelizzare e comincia a benedire l'altrui coranizzare non è più credibile e dovrebbe cambiare mestiere, magari impiegandosi in una di quelle magnifiche, islamofile onlus.
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