Il giudice che scarcerò Mario Castagnacci lo stesso giorno dell'omicidio di Emanuele Morganti è finito nel mirino.
Il consigliere laico Pierantonio Zanettin, al Comitato di presidenza del Csm, ha chiesto, con un documento depositato questa mattina, di aprire una pratica in Prima Commissione per valutare se sussistano i presupposti per un trasferimento d'ufficio per incompatibilità nei confronti del giudice del Tribunale di Roma.
Venerdì scorso il gip aveva riconosciuto la tesi difensiva del "consumo di gruppo" e disposto il rilascio, senza obbligo di firma, di Mario Castagnacci, arrestato il giorno prima perché trovato in possesso di ingenti quantitativi di droga, divisi in dosi già pronte per essere spacciate: 300 dosi di cocaina, 150 di crack e 600 di hashish.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, l'uomo era tornato ad Alatri e nella notte ha preso parte al brutale pestaggio che ha ucciso Emanuele. Ora, oltre che per detenzione di droga, il cuoco è accusato anche per l'omicidio del 20enne.
"La vicenda processuale frutto di una interpretazione giuridica del fatto reato, che può essere definita, nella migliore delle ipotesi, benevola - ha scritto Zanettin nel documento - merita un approfondimento da parte del Consiglio Superiore della Magistratura per verificare la correttezza dell'iter".
Secondo il laico del Csm "è del tutto evidente che gli esiti tragici della vicenda non possono essere addebitati al magistrato che ha disposto la scarcerazione dello spacciatore
608px;">, ma è altrettanto evidente che si sarebbero evitati, applicando canoni ermeneutici diversi e più rigorosi, in tema di spaccio di stupefacenti".Zanettin, infatti, osserva che la scarcerazione di Castagnacci sia avvenuta "nonostante fosse stato trovato in possesso di grandi quantità di stupefacenti e fosse recidivo".
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