"Serve lockdown nazionale": cresce il fronte "allarmista"

Galli: "Situazione fuori controllo", Ricciardi: "Governo troppo lento. Serve lockdown totale". Brambilla: "Bollettino di due mesi in due settimane"

"Serve lockdown nazionale": cresce il fronte "allarmista"

I contagi crescono, i ricoveri si moltiplicano le terapie intensive schizzano a quota 2800. Ben oltre la soglia limite del 30% di saturazione. E, mentre il virus continua a mordere cresce il fronte dei medici che invocano il lockdown totale. Per Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco-università Statale di Milano, la situazione "è ampiamente fuori controllo". Mentre l'Ordine dei medici implora misure ancora più drastiche "Bisogna fermare tutto". Drastica Anna Maria Brambilla, primaria dell’ospedale Sacco: "Siamo inondati. Nel Nel giro di due settimane, abbiamo ricoverato più polmoniti da Covid che in tutto marzo e aprile". Mentre il consulente del ministro Speranza Walter Ricciardi che chiede di chiudere tutte le città bacchetta il governo: "Troppo lento nelle decisioni".

Galli accusa: "Chiudere tutto o Covid farà più male"

"La situazione è ampiamente fuori controllo". L'infettivologo dell'ospedale Sacco, intervenuto ad Agorà su Rai 3, non usa mezzi termini. Quello che è stato fatto fino ad ora non basta. "Le misure adottate devono essere applicate con estrema attenzione ed efficacia - tuona Massimo Galli - se vogliamo sperare di invertire una tendenza in tempi ragionevoli e non trovarci in una situazione ancora più complessa a brevissimo termine". Ma a spaventare Galli non sono solo i malati Covid. "Le altre malattie non vanno in sciopero perché c’è la Covid: bisogna organizzarsi in modo da vagliare bene tutte le situazioni che non possono essere rimandate, altrimenti la pandemia finirà con il fare dei danni che vanno ben al di là del tristissimo gran numero di morti. Morti che - sottolinea l'infettivologo - potevano essere contenuti ed evitati". Un effetto delle riaperture estive che non ci potevamo permettere: una scelta sconsiderata che stiamo pagando, ora, con gli interessi. E ora, con la seconda ondata ormai ingestibile, chiudere tutto "è assolutamente necessario". E in fretta.

Ordine dei medici e anestesisti per la serrata totale: "Torneremo a scegliere chi intubare"

A condividere l'introduzione immediata di misure più drastiche per contenere il peggio è anche il presidente della Federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli. "La situazione tra un mese sarà drammatica, serve un lockdown totale in tutto il Paese", ribadisce intervistato da Repubblica. E il problema è la tenuta del sistema sanitario, che anche nelle aree gialle è ormai molto vicino al collasso. "Con la media attuale, in un mese arriveremo ad ulteriori 10 mila decessi. Questa settimana abbiamo avuto una media di 1000 ricoverati al giorno; in sette giorni è atteso un raddoppio dei ricoveri in terapia intensiva. Se il trend non cambia, nei prossimi 30 giorni, per l'Immacolata, avremo 30mila ricoverati in più che si aggiungeranno ai 26mila attuali". E per il presidente Anelli la soluzione è una sola: "Bisogna chiudere tutto".

Allarmi di un collasso imminente arrivano anche dagli anestesisti. "Ci attendiamo un raddoppio dei ricoveri ospedalieri e in terapia intensiva la prossima settimana se il trend non muterà, ed in attesa degli eventuali benefici derivanti dall'ultimo Dpcm, che potranno però evidenziarsi non prima di 10 giorni", dice il presidente dell'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri (Aaroi) Alessandro Vergallo. Le terapie intensive "sono già sotto pressione. A fronte di ciò e dell'assenza di una medicina territoriale, la proposta di lockdown nazionale - rileva - è a questo punto ragionevole". Per Vergallo, il numero ufficiale diffuso dal governo degli 8.000 posti letto in terapia intensiva è sovrastimato. Quelli reali e pronti da subito sono almeno 1.000 in meno, ma a prescindere dal numero non si cavalca la seconda ondata potenziando le terapie intensive. Così si risolve il problema a valle ma non a monte".

Condivide la linea dura anche Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, che ha spiegato all'Agi che "con i dati preoccupanti dei contagi e delle morti e con le Regioni che contestano i numeri che le classificano zone rosse, l'unica soluzione è un lockdown nazionale di 6-8 settimane per appiattire la curva". E a marzo, quando il governo ha chiuso tutto "stavamo meglio di adesso". A peggiorare i ritardi e gli errori commessi ci pensa il continuo "rimpallo" di responsabilità tra Regioni e governo. "Se si continua con questo trend - chiosa Palermo - è facile prevedere che bisognerà fare una qualche selezione tra chi può essere intubato e chi no. Torneremo alla medicina di guerra".

L'appello degli infermieri in "zona" gialla: "Agire prima che sia troppo tardi"

Per la stretta immediata sono scesi in campo anche gli infermieri delle aree ancora a basso rischio. In Liguria l’Ordine delle professioni infermieristiche chiede lockdown immediato al governatore Toti: "Occorre non indugiare oltre e assumere iniziative appropriate per il contrasto all’emergenza sanitaria in atto". In Campania Ciro Carbone, presidente dell'Opi Napoli, l'Ordine degli infermieri partenopeo, ha chiesto "a nome di tutti gli infermieri e infermieri pediatrici dell'Ordine della provincia di Napoli provvedimenti più restrittivi per la tutela della Salute Pubblica e la salvaguardia della nostra famiglia professionale. Gli Infermieri – aggiunge Carbone – stanno lavorando in condizioni estreme, con turni massacranti, con Dpi insufficienti e non sempre adeguati e con la grave carenza di organici più volte denunciata. Il numero di Infermieri e Infermieri Pediatrici contagiati ormai è incontrollabile. Poniamo rimedio prima che sia troppo tardi".

Ricciardi: "Blindare prima le città, l'ultima carta prima del lockdown"

Anche il consulente del ministro Speranza Walter Ricciardi si allinea al fronte dei rigoristi del lockdown generalizzato. Ma la serrata deve cominciare dalle aree metropolitane, dove la gente in giro è "ancora troppa" per il professore di igiene della Cattolica. "Non c'è dubbio. Servono dei veri lockdown cittadini e spetta ai governatori proclamarli. Nelle grandi città, penso soprattutto a Milano, Genova, Torino e Napoli serve agire con decisione e farlo presto", dice Ricciardi intervistato da La Stampa. Non solo, boccia come insufficienti le misure adottate dal governo di cui è consulente. "La semplice raccomandazione a non muoversi di casa riduce del 3% l'incidenza dei contagi, il lockdown del 125%. Se a questo accoppiamo lo smart working, che vale un altro 13% e il 15% determinato dalla chiusura delle scuole si arriva a quel 60% che serve per raffreddare l'epidemia. Per questo dico che fermare un attimo tutto dove la situazione è già fuori controllo è l'unica soluzione possibile". A preoccupare però sono anche gli effetti collaterali del virus che tiene in ostaggio quasi tutti i reparti degli ospedali.

E a rimetterci sono gli altri malati."È un disastro. In molte regioni si stanno rinviando ricoveri e interventi chirurgici. Quando si dice rinviamo gli interventi elettivi che richiedono il post operatorio in terapia intensiva, parliamo di sostituzioni di valvole cardiache o interventi oncologici demolitivi per arginare i tumori. Già oggi la mortalità per le malattie cardiovascolari e oncologiche è aumentata del 10%". "L'unica soluzione - sottolinea - è raffreddare la curva epidemica". E l'ultima carta da giocare per scongiurare la chiusura totale resta cominciare a blindare le città. Ma la colpa è del governo. "Troppo lento nelle decisioni. Ha avuto a disposizione un miliardo e 400 milioni per assumere personale e mettere in sicurezza gli ospedali e invece non lo ha fatto", tuona Ricciardi.

La primaria del Sacco: "Siamo inondati. Il peggio deve ancora arrivare"

Per la primaria dell'ospedale Sacco di Milano Anna Maria Brambilla, non siamo ancora all'apice. "Rispetto alla prima ondata, il virus circola molto di più sul territorio, almeno qui. Ormai siamo a 300 letti su 400, quasi saturate le nostre possibilità". E il vero problema secondo la dottoressa del pronto soccorso è che la città non sembra rendersi conto "dell'incendio che la minaccia". Se in primavera era Bergamo, adesso è Milano l'epicentro della seconda ondata pandemica. Tutto è precipitato a partire dal 12 ottobre. Brambilla se lo ricorda bene. Era un lunedì e i segnali che poteva ricominciare già c’erano. "Quando hanno riaperto le discoteche in estate, qui abbiamo pensato: oh no! Mai creduto che il virus se ne fosse andato per sempre, ma non ci si aspettava una botta del genere. Invece, quel 12 ottobre, di colpo, siamo stati presi d’assalto da un centinaio di ambulanze, più uomini e donne con sintomi che si presentavano da soli. Da allora - aggiunge la primaria intervistata da Il Corriere della Sera - è stata una maxi emergenza quotidiana. Nel giro di due settimane, abbiamo ricoverato più polmoniti da Covid che in tutto marzo e aprile.

Una cinquantina al giorno. In due settimane, il bollettino di due mesi. Ora siamo inondati". E, anche la dottoressa del Sacco, sulle misure di contenimento appena varate è scettica: "Temo non basteranno a fermare il male".

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