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Cinesi positivi dopo 70 giorni: "Eventi non frequenti". Ecco perché accade

In Cina e Corea del Sud, sono sempre più numerosi i casi di pazienti definiti "guariti" che risultano nuovamente positivi quando vengono ricontrollati in un secondo momento, anche se senza sintomi. "Gli scenari possibili sono due", spiega il virologo Andreoni. Ecco cosa accade

Cinesi positivi dopo 70 giorni: "Eventi non frequenti". Ecco perché accade

Tutto è partito da lì, Wuhan, Cina. Ed è laggiù che torniamo, dove si stanno registrando alcuni casi positivi di Covid-19 che durano da ormai 70 giorni, ben oltre i due mesi.

Positivi per oltre due mesi

È l'esempio di un uomo di circa 50 anni stremato dal virus: la prima diagnosi di positività l'ha ricevuta ad inizio febbraio, si è curato in diversi ospedali ma, a distanza di oltre due mesi, ha scoperto di essere ancora positivo dopo aver fatto nuovi tamponi. Anche se la Cina, come da inizio pandemia, nasconde e modifica i dati a suo piacimento, sono numerosi i pazienti che in un primo momento vengono definiti guariti e poi, controllati a distanza di alcuni giorni, sono nuovamente positivi anche se non manifestano i sintomi.

Il caso dell'uomo di mezza età è limite ma in tanti mostrano ancora una certa carica virale dopo 50-60 giorni, ben oltre la classica quarantena di 14 giorni prevista a livello globale. Nella vicina Corea del Sud, 163 persone che sembravano ormai aver vinto definitivamente il Covid-19 si sono ammalate di nuovo. Un caso che ha fatto discutere lo abbiamo anche in Italia, dove una modella di 23 anni ha ormai superato il 50esimo giorno di positività.

"Si può tornare positivi dopo 2-4 settimane"

"Sono eventi non frequenti ma neanche eccezionali. Ci sono persone che si negativizzano e tornano a essere positive dopo molto tempo. Covid-19 è una malattia che comunque va misurata in più settimane - spiega il professor Massimo Andreoni, responsabile Malattie Infettive del Policlinico di Tor Vergata a Roma in un'intervista a Repubblica - Può accadere che un paziente sia negativo ai test e si ripotisivizzi dopo 2 o 4 settimane".

Ipotesi nuovo virus

Ancora, però, gli studi non hanno inquadrato se la malattia si ripresenta a causa del Covid o di un nuovo virus. "Gli scenari possibili sono due - spiega Andreoni - nel primo, il paziente "guarito" viene infettato da una persona o perché gli anticorpi sviluppati durante la prima infezione non funzionano oppure perché circolano virus diversi che possono quindi "attaccare" e infettare il paziente più volte". Secondo il virologo, in pratica, anche se ritiene questa ipotesi poco probabile, "l'immunizzazione sviluppata nel corso della malattia precedente non funziona con i nuovi virus. Si potrebbe pensare a un virus che si modifica per "ingannare" il sistema immunitario", afferma.

Ipotesi Covid "nascosto"

La seconda e più probabile ipotesi, che potrebbe essersi già verificata anche in alcuni pazienti italiani secondo quanto detto da numerosi virologi, "è che quando l'individuo guarisce, il virus non viene distrutto competamente. Rimane nelle vie respiratorie e si nasconde con replicazioni modeste. Nei primi tamponi, che vengono fatti per dichiarare guarito il paziente non si vede, ma nel tempo si riprende e a quel punto si manifesta. E qui i medici scoprono ancora una volta che la persona è positiva a diversi giorni di distanza dalla prima diagnosi", ha precisato Andreoni.

Virus meno potente

In realtà, però, situazioni del genere accadono soltanto all' "1-2% dei pazienti, ma potrebbero essere di più perché in Italia non c'è l'abitudine di ricontrollare nel tempo i guariti", continua il virologo. "Non abbiamo statistiche reali". Ci si pone il dubbio, legittimo, se il paziente con Covid nascosto sia più o meno contagioso, e quanto.

"Se il paziente è guarito, anche se il virus dovesse riprendere a replicare, ha meno capacità di essere trasmesso in quanto l'eliminazione virale è ridotta" è la buona notizia, ma non dobbiamo sottovalutare il nemico perché "il Coronavirus è un virus complicato", conclude Andreoni.

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