Un... Fido da 24mila euro. La bizzarra vicenda delle 48 banconote da 500 euro trovate la scorsa estate nella cuccia del cane dell'azienda agricola e vitivinicola CapalBiofattoria, a due passi dall'ultima spiaggia radical chic in Maremma, di proprietà della parlamentare Pd Monica Cirinnà e del suo compagno dem, il sindaco di Fiumicino Esterino Montino, si arricchisce - è il caso di dirlo - di un nuovo capitolo. «Quei soldi sono miei, li darò in beneficenza all'associazione antiviolenza Olymbia De Gouges», avrebbe detto la deputata democrat ai magistrati che hanno congelato la somma, senza che i segugi della Procura siano riusciti a dimostrarne la provenienza illecita. A rivelare l'ar...cano è stato il Messaggero, secondo cui l'onorevole - nervosa perché in bilico per la riconferma alle elezioni del 25 settembre, dicono i maligni - il 4 maggio scorso tramite l'avvocato Giovanni Gori avrebbe chiesto al gip di «disporre la restituzione» della somma in suo favore, opponendosi alla confisca chiesta dal sostituto procuratore di Grosseto Giampaolo Melchionna dopo l'archiviazione dell'indagine per riciclaggio contro ignoti. Richiesta reiterata ai sensi dell'articolo 932 del codice in udienza lo scorso 6 giugno ma respinta lo scorso 20 giugno - secondo il Messaggero - dal giudice delle indagini preliminari di Grosseto Sergio Compagnucci, che ha investito della vicenda un altro giudice. La notizia ha fatto il giro dei social, mettendo la Cirinnà e il suo compagno in grande imbarazzo. Anche Sabrina Gaglianone, presidente della Onlus del Grossetano a cui sarebbero dovuti finire i 24mila euro, parla di «accanimento velenoso».
Eppure in un primo momento la Cirinnà aveva negato qualsiasi rapporto con quella somma di dubbia provenienza e aveva deciso di lasciarli al Fondo unico per la giustizia. Poi aveva abbaiato contro la sua cameriera, tutt'altro che fedele come un cane benché «strapagata e messa in regola con tutti i contributi Inps», scappata all'improvviso perché si annoiava a stare da sola» con un pastore maremmano di nome Orso, o forse si è offesa perché il cane era più ricco di lei. Il fatto che la cuccia - costruita da Montino qualche anno prima per una cagnetta randagia - fosse «in disuso, in un luogo aperto al pubblico e a ridosso della strada» aveva fatto allontanare i sospetti, scaricati su presunti «spacciatori nordafricani» (poi dice che uno si butta a destra...) che l'avevano usato come nascondiglio, spiegazione che agli investigatori non è sembrata convincente, ma tant'è...
La cosa buffa è che a scoprire il malloppo era stato Fabio Montino, il maggiore dei figli del sindaco, e in teoria è a lui e all'operaio Fabio Rosati che stava demolendo la cuccia che spetterebbe una parte del tesoretto cash, o almeno così prevede l'articolo del codice richiamato dalla Cirinnà. A infastidire la senatrice Pd, paladina del ddl Zan e convinta sostenitrice del gender a scuola, non è stato tanto l'articolo che ne ha innocentemente svelato l'avidità (mascherata da generosità) di chi non vuole mollare l'osso, quanto l'accostamento che il quotidiano romano fa tra la somma cash e i guai giudiziari del fratello della senatrice, Claudio, habituè della tenuta, che l'anno scorso si è beccato tre anni per usura, mentre il figlio Riccardo (nipote della Cirinnà) è stato assolto.
«Vedo con rammarico che alcuni giornali tornano, con gravi imprecisioni, su fatti dei quali sono stata vittima un anno fa con informazioni non vere, inesatte, incomplete e distorte che infangano il mio lavoro e il mio impegno politico», lamenta la parlamentare di sinistra alle agenzie. Eppure qualcuno giura che sulla cuccia c'era scritto Caveau Canem.
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