Il Comune rimedia allo sgarbo alla moglie di Falcone

Francesca Morvillo, separata dal marito trasferito al pantheon di Palermo, avrà una tomba monumentale al cimitero dei Rotoli. Un omaggio dopo le polemiche dei mesi scorsi legate alla separazione dei due coniugi

Il Comune rimedia allo sgarbo alla moglie di Falcone

Giovanni, il suo Giovanni con cui condivideva la vita blindata, con cui ha condiviso la morte il 23 maggio del ’92, e da cui è stata separata, in morte, non è più al suo fianco dallo scorso 3 giugno: lui, Giovanni Falcone, eroe della Sicilia e di Palermo, ha traslocato al pantheon di Palermo, la chiesa di San Domenico. Lei invece, Francesca Morvillo, pure magistrato, pure vittima di mafia visto che è morta a fianco del marito nella stessa strage di Capaci, e anzi vittima di mafia doppia visto che condivideva nel quotidiano i sacrifici del suo compagno in una vita blindata in cui, concordi, avevano deciso di non avere bambini perché «non si fanno orfani, si fanno figli», è rimasta sola al cimitero di Sant’Orsola. E adesso il comune di Palermo ha deciso di onorarla, con una cappella interamente dedicata a lei al cimitero dei Rotoli. A due passi dal mare e da quella villa dell’Addaura, diventata celebre anche per un attentato fallito nel 1989, che lei e Giovanni condividevano. Una sorta di risarcimento a scoppio ritardato, quello proposto dall’amministrazione comunale del capoluogo siciliano.

Nei mesi scorsi, quando si è saputo che solo Giovanni Falcone sarebbe stato spostato con tutti gli onori nella chiesa, San Domenico, che ospita i siciliani illustri, era scoppiato un mezzo putiferio, tanto da far rinviare la traslazione della salma, inizialmente prevista per il 23 maggio (il ventitreesimo anniversario esatto dell’omicidio), al 3 giugno. In tanti avevano protestato, ritenendo il trasloco di Falcone al pantheon senza la moglie un vero e proprio sgarbo alla memoria di Francesca. Ma i familiari di Falcone, e soprattutto la sorella Maria, anima della Fondazione che dei magistrati uccisi a Capaci porta il nome, aveva tirato dritto senza tentennamenti, a dispetto delle critiche.

E dei distinguo, come quello dei figli di Paolo Borsellino, il giudice trucidato in via D’Amelio due mesi dopo Falcone: «Non ce la siamo sentita - aveva spiegato alla cerimonia di inaugurazione del monumento funebre la figlia di Paolo, Lucia - di separare papà da mamma, non potevano fare questo sgarbo a nostra madre, separandoli nella tomba». Adesso l’iniziativa dell’amministrazione comunale. Che non sana quella separazione forzata ma almeno rende onore a una donna magistrato vittima delle stragi del ’92.

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