Coronavirus, un mese di ritardo nelle forniture dei ventilatori

Secondo il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli, con il governo si discuteva dell'acquisto di ventilatori aggiuntivi per le terapie intensive già i primi di febbraio. Ma gli ordini sono partiti all'inizio di marzo

Coronavirus, un mese di ritardo nelle forniture dei ventilatori

Neppure l’emergenza coronavirus è riuscita ad accelerare i tempi della burocrazia. Ci è voluto un mese, secondo la ricostruzione del Fatto Quotidiano, a far partire gli ordini dei ventilatori per rafforzare le terapie intensive messe alla prova dal Covid-19. Nel frattempo negli ospedali del Nord Italia, come hanno testimoniato nelle scorse settimane numerosi medici e infermieri, il personale sanitario era costretto a scegliere chi far sopravvivere proprio per il sovraffollamento nei reparti di rianimazione.

Il quadro dei ritardi emerge dalle affermazioni del presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli, che ieri, citato dall’Ansa, ha affermato che il Comitato tecnico-scientifico aveva fatto presente "fin dall’inizio di febbraio" che sarebbe stato opportuno procedere all’acquisto "di ventilatori per le terapie intensive". "Si è cominciato a ragionare di acquisti di ventilatori, di dispositivi per la ventilazione non invasiva e di mascherine", ha detto Locatelli, come riporta l’Ansa, "da quando si è avuto dai modelli previsionali contezza di quello che avrebbe potuto essere" il livello di propagazione del Covid-19 "in funzione dell'indice di contagiosità".

Queste riunioni, ha ribadito lo stesso presidente del Consiglio Superiore di Sanità, sarebbero iniziate i primi giorni di febbraio. Gli ordini della Protezione Civile e di Consip, però, sono partiti soltanto all’inizio di marzo. Un mese dopo gli incontri a cui si riferisce Locatelli, la Protezione civile viene incaricata dell’acquisto di 2.325 ventilatori e il 6 marzo, la Consip pubblica un bando per 5mila caschi per la ventilazione assistita. Lo stesso giorno è partito anche l’avviso per assumere medici e infermieri.

Ma il 5 marzo, ricorda Il Fatto, le terapie intensive degli ospedali lombardi erano già allo stremo. Perché a Palazzo Chigi e al ministero della Salute si è aspettato così tanto, si domanda il giornalista del quotidiano diretto da Marco Travaglio. Intanto, secondo gli esperti saremo vicini al raggiungimento del picco dei contagi e quindi ad un possibile abbassamento della curva dei contagi."Questa è una settimana importante per valutare l'andamento delle curve epidemiche", ha detto lunedì il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Aldo Brusaferro, nel punto stampa quotidiano della Protezione civile.

"La scommessa", ha sottolineato, è evitare che la curva del Nord si ripeta nelle altre aree del Paese, per far sì che a livello nazionale il numero dei positivi diminuisca. Ieri, per il terzo giorno di fila il numero dei nuovi contagi si è confermato in discesa. Una contrazione lieve, che comunque fa ben sperare. Resta alto, invece, il numero dei deceduti: 734 nella giornata di ieri.

Un bilancio che si avvicina a quello record di 793 morti registrato sabato.

In totale il numero dei contagiati è salito ieri a 54.030. Cresce, infine, il numero dei ricoverati in terapia intensiva, 3396, ma anche la percentuale dei guariti, arrivata ieri all’8,2 per cento.

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