"Non siamo dipendenti". L'avvertimento del vescovo al Papa

Monsignor Athanasius Schneider, vescovo in Kazakistan, ha sollevato dubbi sulla presenza di Francesco a un Congresso con tutti i leader religiosi

"Non siamo dipendenti". L'avvertimento del vescovo al Papa
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Il papa in Kazakistan ha sfiorato l'incontro con il presidente cinese Xi Jinping ma ha avuto modo di trovarsi faccia a faccia con una delle voci più critiche della Chiesa sull'indirizzo del suo pontificato: monsignor Athanasius Schneider. Vescovo ausiliare di Maria Santissima in Astana, il prelato kirghiso si è distinto per la sua contrarierà alle posizioni aperturiste sulla comunione ai divorziati e alle restrizioni delle celebrazioni in forma straordinaria del rito romano introdotte con il motu proprio Traditionis custodes.

Nella tre giorni papale nel Paese centroasiatico c'è stata anche l'occasione per salutare i vescovi e il clero locali ai quali, nell'omelia per la Messa celebrata nella cattedrale Madre di Dio del Perpetuo Soccorso, ha raccomandato di stare attenti a non "guardare indietro con nostalgia, restando bloccati sulle cose del passato e lasciandoci paralizzare nell’immobilismo" perché questa sarebbe "la tentazione dell'indietrismo". Ad ascoltarlo non solo il più noto Schneider ma anche l'arcivescovo di Astana, monsignor Tomasz Peta che nel 2018 fu - insieme al primo - autore del documento "Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale" nel quale si ribadiva l'impossibilità di mettere in discussione l'indissolubilità del matrimonio alla luce di quella che veniva definita "l’attuale dilagante confusione" scaturita dopo la pubblicazione dell'esortazione apostolica Amoris laetitia.

Si può dire che l'episcopato kazako sia uno dei meno allineati all'agenda dell'attuale pontificato. E lo si è visto anche a margine della visita apostolica, con le perplessità espresse da monsignor Schneider per la partecipazione di Francesco al Settimo Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, il principale motivo della sua presenza a Nur-Sultan.

Come ha riportato Philip Pullella, corrispondente di Reuters, il vescovo ausiliare ha riconosciuto che l'evento - fondato dall'ex presidente Nursultan Abishevich Nazarbayev e aperto ai rappresentanti di tutte le fedi - ha il merito di "promuovere il rispetto reciproco nel mondo" ma al tempo stesso ha denunciato il pericolo che la presenza del Papa "potrebbe dare l'impressione di un supermercato di religioni, e questo non è corretto, perché c'è solo una vera religione, ovvero la Chiesa cattolica fondata da Dio stesso". Schneider ha parlato di "pericolosità" perché in simili eventi vede il rischio di "minare la unicità e assolutezza di Gesù Cristo come Salvatore e della nostra missione di predicare a tutte le nazioni, a tutte le religioni, Gesù Cristo". Il presule kirghiso, che è stato anche docente universitario di patristica, aveva già sollevato dubbi su un altro pilastro dell'impegno interreligioso durante questo pontificato: il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune che Francesco firmò nel 2019 con il grande imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyib.

Successivamente, nel corso di una visita ad limina dei vescovi kazaki e dell'Asia centrale, monsignor Schneider aveva chiesto al Papa di correggere un punto di quel documento nel quale si parlava di diversità delle religioni volute da Dio. Francesco concordò con lui che la frase così scritta poteva essere fraintesa e in una successiva lettera indirizzata al vescovo spiegò che la volontà di Dio riferita alla diversità di religioni era da intendersi solo come volontà permissiva di Dio.

La correzione, esplicitata anche durante un'udienza generale in piazza San Pietro, maturò a seguito della richiesta di Schneider che prese alla lettera l'appello del papa, durante la visita ad limina, ad esprimere liberamente le critiche.

Monsignor Schneider ha deciso di farlo anche questa volta per il Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali e si è sentito in dovere di ricordare che a muoverlo è lo spirito di collegialità e motivando il suo atteggiamento con queste parole: "Non siamo dipendenti del Papa, siamo fratelli. Quando in buona coscienza sento che qualcosa non è corretto o ambiguo devo dirglielo, con rispetto, fraternamente".

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