“Quando sento modificare la mia canzone, sostituendo ‘negri’ con ‘neri’ mi infastidisco…”. Copyright: Edoardo Vianello, cantautore romano che sta per compiere 83 anni, compositore di decine di canzoni che hanno accompagnato il nostro Paese dagli anni ’60 ad oggi. La più famosa - forse - è proprio ‘i Watussi’. Quel ‘popolo di negri che ha inventato tanti balli…” torna oggi incredibilmente di moda dopo le polemiche sull’uso del linguaggio che hanno travolto Pio e Amedeo, protagonisti di un monologo durante il loro show ‘Fecilissima sera’ su Canale 5. I due comici foggiani hanno sfidato il politicamente corretto, cercando di spiegare, come direbbe Nanni Moretti che le parole sono importanti, “ma nulla rispetto all’intenzione”.
Hanno ragione Pio e Amedeo?
“Sono convinto che abbiano ragione. Purtroppo oggi in Italia si pensa alla forma, ma non alla sostanza. Il rispetto va dimostrato con i fatti, non con le parole. Anzi sottolineando certe affermazioni si ottiene l’effetto contrario…”.
In che senso?
“Beh, prenda il caso dei ‘Watussi’. A volte alcuni pianisti, pensando di farmi un favore, modificano il testo. Non capiscono invece che così non fanno altro che mettere maggiormente in evidenza una cosa di cui invece non bisognerebbe vergognarsi. È più offensivo questo... e poi sa di che anno è quella canzone?”.
Anni ’60?
“È del ’63 per l’esattezza… quando le persone di colore nel linguaggio comune venivano chiamate così”.
Ma se dovesse scriverla oggi, userebbe un altro termine?
“Probabilmente sì, mi atterrei al linguaggio comune del momento. Ma il punto è un altro: il razzismo non è questo, ma è nei gesti. Non basta pulirsi le coscienze usando una parola anziché un’altra. E guardi che la pensano così anche molti africani che non si sentono offesi nell’essere chiamati ‘negri’. Lo stesso discorso vale per tutte le polemiche sui gay…”.
Ecco, cosa ne pensa del ddl Zan di cui tanto si discute?
“Io ho diversi amici omosessuali. Ma non vedo onestamente la necessità di una norma ad hoc. Ci sono già le leggi attuali. Il problema è che spesso non vengono applicate. Bisognerebbe forse iniziare da lì…”.
Mi sta dicendo che in Italia si fanno le leggi, ma poi restano lettera morta?
“Sì, quando qualcuno invoca il rispetto delle regole viene subito bollato come ‘populista’ o ‘fascista’. Sa che le dico? Che stiamo andando allo sfascio”.
Addirittura…
“Vede anche nell’educazione siamo troppo accondiscendenti. Rispetto ad alcuni anni fa, si è diffusa un’estrema rilassatezza nei costumi. Si lascia andare tutto senza imporre dei paletti. È sbagliato. Mio padre mi ha sempre insegnato che certe cose non si fanno, punto e basta. Oggi invece tutto è concesso, stiamo attenti solo alle fesserie, come l’ultima storia del bacio a Biancaneve…”.
Si è sorpassato il limite?
“Ci vorrebbe un giusto equilibro nella vita sociale come in politica, invece si ha l’idea che su ogni argomento si finisce in caciara… la verità è che, glielo dico in romanesco, stiamo a esagerà…”.
A proposito di Roma, lei è un romano doc. Come la vede la Capitale?
“Veramente male. Il suo patrimonio è la bellezza. Dovremmo andare avanti solo curandola, preoccupandoci che sia sempre vestita bene come una donna truccata e agghindata”.
E invece…
“Invece è tremendamente sciatta. Ci sono marciapiedi rotti da 20 anni e nessuno si è mai preoccupato di ripararli. Se si rompe una mattonella a casa mia, dopo qualche giorno la sostituisco. Perché a Roma non si fa lo stesso?”.
Dovrebbe chiederlo al sindaco Virginia Raggi…
“Non mi piace il suo partito politico, ma al di là di questo credo che non dipenda solo da lei. Per far funzionare una città così grande serve un apparato burocratico efficiente. Purtroppo in comune c’è un esercito di impiegati demotivati”.
A settembre ci saranno le elezioni, qual è il suo pronostico?
“Non saprei. Mi pare che nessuno abbia davvero voglia di diventare sindaco di Roma. Servirebbe qualcuno con un atteggiamento più autoritario, che abbia altre priorità rispetto alle piste ciclabili. La Raggi ha pensato solo a quello, ma è evidente a tutti che le bici non possono essere il mezzo più adatto per girare nella Capitale”.
Eppure una città così ricca di storia potrebbe vivere solo di turismo, non crede?
“Certo. Abbiamo il Colosseo e decine di monumenti, ma non possiamo vivere di rendita. Dobbiamo coltivare la nostra storia. Io sono appassionato di fontane. Lo sa che a Roma ce ne sono cinquemila e 2/3 non funzionano?”.
Forse perché non ci sono i soldi per farle funzionare...
“Sicuramente, ma bisogna ingegnarsi per trovare una soluzione. Per esempio, si potrebbe chiedere ad associazioni o ad aziende di adottare una fontana. Potrebbe essere un punto di partenza…”.
E Mario Draghi troverà una soluzione per questa Italia così in crisi?
“Draghi mi piace. Ho apprezzato molto la decisione di mettersi al servizio del Paese. Avrebbe potuto benissimo godersi una meritata pensione e invece ha deciso di dare una mano. Certo, da solo potrà fare poco, servirà l’aiuto di tutti per uscire dalla pandemia”.
Come giudica la gestione italiana del virus?
“Alcune cose non mi hanno convinto. Non ho capito, per esempio, perché gli spettacoli siano stati fermi per così tanto tempo. Con un po’ di organizzazione sarebbero potuti ripartire molto tempo fa”.
Da quanto tempo non canta su un palco?
“Io in un anno di pandemia sono salito sul palco una volta soltanto: il 15 agosto a Bracciano in provincia di Roma. Ecco, in quell’occasione tutto era organizzato con la massima attenzione”.
Parliamo oramai di tanti mesi fa… le dispiace?
“Sono a fine carriera. Se non lavoro, non succede nulla. Mi sono fatto un piccolo impiantino a casa e mi diverto così. Certo, mi dispiace sprecare gli ultimi fiati perché non so se tra un anno avrò ancora la stessa forma di adesso, ma non importa. Penso soprattutto ai tanti addetti del mondo dello spettacolo… tecnici, musicisti meno famosi che vivono grandi difficoltà economiche. Sono convinto che se organizzi gli eventi per tempo e con criterio, il contagio viene limitato. Quando questo non accade, bisogna forse preoccuparsi”.
A cosa si riferisce?
“Beh, nulla contro gli interisti, ma le immagini di Piazza Duomo impressionano. Quelli sì che sembrano assembramenti pericolosi”.
Non è che lo dice solo perché è romanista?
“No no (ride, ndr)”.
Che ne dice di José Mourinho alla Roma?
“Tocca sperà… è una scossa per l’ambiente e la tifoseria. Se un grande allenatore come lui ha scelto i colori giallorossi, accentando un contratto di tre anni, vuol dire che la società ha un progetto serio e ambizioso. E poi noi romanisti siamo ormai vaccinati contro le delusioni calcistiche”.
E contro il covid? Lei si è vaccinato?
“Sì, mi sono vaccinato. Mi attengo scrupolosamente a ciò che dicono anche se preferirei che parlassero meno virologi. Sono diventate le nuove star della tv”.
Non le piacciono?
“Troppe voci. Alcuni poi pur di emergere fanno di tutto. Su questo ci vorrebbe un gesto autoritario del governo, una cosa del tipo: basta adesso parliamo solo noi”.
Ultima domanda, ma a 83 anni come si fa ad essere ancora così in forma?
“Io ho sempre avuto una vita regolare. Non ho mai fatto uso di alcol o droga. E poi durante la pandemia ho iniziato a scrivere”.
Pubblicherà un libro?
“No. Scrivo solo per un gruppo di amici, un centinaio. Ho riavvolto il nastro della mia vita sin dall’inizio.
Ho deciso che farò un capitolo per ogni anno trascorso. Ne ho già scritti più di 50. Per fortuna ho le agende sulle quali mi sono sempre segnato tutto. Magari non mi ricordo che ho mangiato ieri a pranzo, ma che ho fatto nel 65’ me lo ricordo bene…”.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.