Ancora una volta in fuga. Graziano Mesina, ex primula rossa del banditismo sardo e protagonista di tante clamorose evasioni, si è dato alla macchia il giorno prima che la Cassazione sancisse la condanna definitiva a 30 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga. Grazianeddu era tornato in libertà per decorrenza termini nel giugno dello scorso anno e si era stabilito a casa del nipote a Orgosolo, nel Nuorese. Ma la notte tra mercoledì e giovedì è scomparso, nonostante i suoi problemi di salute e la non più giovane età. Mesina ha infatti 78 anni e, viste le sue condizioni, le forze dell'ordine ipotizzano che si sia rifugiato da qualche amico per evitare ancora una volta il carcere.
D'altra parte, le evasioni e il carcere sono elementi distintivi della sua vita. Mesina comincia la sua carriera criminale da giovanissimo, con il primo arresto a 14 anni per porto abusivo di armi. A 18 anni è di nuovo in manette per aver sparato in luogo pubblico. Portato nella caserma dei carabinieri, riesce a evadere forzando la porta della cella di sicurezza. Dopo una breve latitanza si costituisce e finisce in carcere, da dove uscirà nel gennaio 1961. Pochi mesi dopo, in un bar di Orgosolo viene ferito gravemente il pastore Luigi Mereu e Grazianeddu è accusato del delitto. Il bandito sardo si proclama innocente ma è condannato a 16 anni. La seconda evasione avviene nel maggio 1962: durante un trasferimento dal carcere di Sassari riesce a togliersi le manette e a saltare dal treno in corsa. La libertà dura poco, ma anche il carcere. In settembre, infatti, evade dall'ospedale di Nuoro in cui si è fatto ricoverare, calandosi dalla finestra e restando nascosto tre giorni in un grosso tubo del cortile. Un mese dopo, il fratello Giovanni viene ucciso e Grazianeddu per vendicarsi ammazza il presunto assassino a colpi di mitra dentro un bar. È di nuovo arrestato e condannato a 24 anni. Tra il 1963 e il 1966, trasferito in carceri diverse, tenta numerose fughe ma viene scoperto ogni volta. L'11 settembre 1966, però, riesce a portare a termine la sua più celebre evasione dal carcere di Sassari. Mesina, assieme all'ex legionario spagnolo Miguel Atienza, si cala dal muro di cinta alto 7 metri nella via centrale della città, prende un taxi e scappa. Qui ha inizio la lunga attività criminale della coppia, con numerosi sequestri di persona. Nel giugno 1967 i due banditi sono intercettati dalle forze dell'ordine. Ne scaturisce uno scontro a fuoco nel quale muoiono due agenti e Atienza. Mesina resta in prigione fino al 1976, quando si unisce a un gruppo di detenuti per evadere dal carcere di massima sicurezza di Lecce. La latitanza dura un anno, la successiva detenzione fino al 1984, quando non ritorna dal permesso di 12 ore per una «fuga d'amore». La «fuitina» dura solo una settimana, Mesina viene preso e rinchiuso nel penitenziario di Porto Azzurro. Nel 1992 ottiene la libertà condizionale e torna alla ribalta come mediatore nel sequestro del piccolo Farouk Kassam. Ma un anno dopo è ancora in carcere perché gli trovano un mitra in casa. Questa volta dovrà scontare l'ergastolo. Nel 2003 chiede la grazia, che gli viene concessa dal presidente Ciampi, e ritorna nella sua Orgosolo. Nel 2013 viene arrestato per l'ennesima volta: secondo i magistrati è a capo di un'organizzazione dedita al traffico di droga.
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