Furchì condannato all'ergastolo: ha ucciso l'avvocato Musy

Per la Corte di Assise di Torino è stato lui a sparare all'avvocato nel 2012. Musy morì dopo 19 mesi di agonia

Furchì condannato all'ergastolo: ha ucciso l'avvocato Musy

Ergastolo per Francesco Furchì. L'uomo è stato condannato dalla Corte di assise di Torino per aver ucciso Alberto Musy, avvocato e docente universitario nonché consigliere comunale torinese per l'Udc. Musy venne ferito a colpi di pistola il 21 marzo 2012 nell’androne di casa e morì dopo diciannove mesi di agonia. "Sono innocente, è un’ingiustizia", ha commentato Furchì prima che gli agenti lo portassero in cella. L'imputato, che si è sempre professato innocente, ha seguito quasi tutte le udienze.

L'inchiesta è stata condotta dalla squadra mobile di Torino. Il pm Roberto Furlan aveva chiesto l'ergastolo con isolamento per almeno sei mesi. I difensori di Furchì, gli avvocati Gaetano Pecorella e Giancarlo Pittelli, avevano chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto. L'accusa contestata era omicidio volontario premeditato aggravato.

Al momento della lettura del dispositivo in aula erano presenti le parti civili: la vedova Angelica Corporandi d'Auvare Musy e la sorella della vittima. "Finalmente so cosa dire alle mie bambine quando torno a casa", ha detto la vedova Musy dopo la sentenza di condanna. "Me l'aspettavo - ha aggiunto - si è capito dal lavoro degli inquirenti che c'erano le basi per una condanna. Per tutti noi è una liberazione, ora possiamo tornare a vivere. Ringrazio tutti". La vedova aveva annunciato che i risarcimenti che otterrà verranno destinati al fondo benefico a sostegno di famiglie in difficoltà, fondato dai familiari di Musy e dedicato all'avvocato ucciso.

Nell'annunciare il ricorso in appello, l'avvocato Pecorella ha detto che l’innocenza di Furchì emerge dalle stesse carte processuali: "Non è stato un omicidio premeditato come sostiene l’accusa - ha detto -, ma un delitto casuale e improvviso che non può
essere certamente attribuito al nostro assistito. Non si è mai visto un attentato eseguito in un luogo e in un modo come quelli. È quanto abbiamo detto noi, ed è anche quanto emerge dagli atti".

Rientrava a casa Musy, quella mattina di marzo di tre anni fa, dopo avere accompagnato a scuola due delle quattro figlie. Nell’androne della sua abitazione in via Barbaroux, nel pieno centro di Torino, fu colpito da alcuni colpi di pistola in un misterioso agguato. L’immagine del killer fu ripresa da diverse telecamere e la foto dell’uomo con il volto coperto da un casco integrale per diversi mesi accompagnò le indagini. Si cercò in più direzioni, nella vita privata e professionale di Musy, nella sua attività politica, fino all’arresto di Furchì, che si è sempre proclamato estraneo alle accuse. Musy si era laureato in giurisprudenza a Torino nel 1990, conseguendo una seconda laurea a Berkeley, negli Stati Uniti, nel 1995. Si era occupato del modello giuridico anglo-americano, dedicandosi anche ad approfondimenti sul trust e sull’efficienza della giustizia civile. Aveva lavorato come avvocato civilista anche a Milano, prima di stabilirsi definitivamente a Torino.

Nel corso della sua carriera universitaria aveva insegnato alla Bocconi di Milano, all’Academie de Nantes, alla Benjamin N. Cardozo School of Law di New York e in altre università straniere. Alle elezioni comunali della primavera del 2011 era stato candidato sindaco per il Terzo Polo. Entrato in consiglio comunale era stato capogruppo dell’Udc. Alcuni mesi dopo l’agguato, la moglie Angelica aveva chiesto alla Sala Rossa di far decadere il marito dalla carica di consigliere comunale e il Consiglio aveva quindi provveduto alla surroga.

Nel luglio 2013, in una affollata cerimonia a Palazzo Civico, il sindaco di Torino Piero Fassino e il prefetto Alberto Di Pace avevano consegnato alla moglie l’onoreficenza di Commendatore della Repubblica conferita a Musy dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

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