Sotto cocaina, investì e uccise Alina: "Ma ora non va in carcere"

Il dolore di mamma Sanda si fa più forte con la sentenza che fino all'ultimo aveva sperato di non sentire. La figlia è stata uccisa da Martina che guidava l'auto sotto l'effetto della cocaina e in stato di ebbrezza alcolica. Con il patteggiamento non andrà in carcere

Sotto cocaina, investì e uccise Alina: "Ma ora non va in carcere"
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Tre anni e sei mesi di reclusione. Questa la condanna decisa dal giudice per Martina Mercuriali, la 27enne che ha travolto e ucciso con la propria auto a Forlì la coetanea Alina Marchetti. I fatti risalgono al 7 aprile del 2019: una mattina come le altre, Alina si stava recando a lavoro a piedi come faceva sempre. Mentre la giovane si trovava sul marciapiede, è stata colpita mortalmente dal palo abbattuto a terra dalla Nissan Micra guidata in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti da Martina.

Nel suo sangue verranno trovate poi infatti tracce di cocaina e un tasso alcolemico di 1,78, una misura tre volte superiore a quella consentita. L’ordinamento giuridico italiano prevede la possibilità del patteggiamento della pena e Martina Mercuriali, imputata per omicidio stradale aggravato, ha scelto questa via. I suoi difensori hanno quindi concordato con il pm una condanna inferiore ai quattro anni. Giovedì il giudice per l’udienza preliminare Massimo De Paoli ha accolto la richiesta con la relativa sentenza. Cosa succede adesso? Per le condanne fino ai 4 anni di reclusione è possibile accedere alle misure alternative, per cui di fatto, adesso Martina non sconterà la pena dietro le sbarre.

Nessuna giustizia per mia figlia. Questa è la morte civile dello Stato". Sono queste le parole della signora Sanda, la mamma di Alina che non accetta la sentenza. "Alina - prosegue mamma Sanda su IlGiornale.it - seppellita sottoterra, mai più nessuno me la ridarà e chi l’ha uccisa non passerà un solo giorno in prigione. Non dimentichiamo che ci troviamo di fronte a un omicidio stradale aggravato da uso di alcol e droga. Quale messaggio si dà in questo modo a chi ne abusa e poi si mette alla guida?".

In merito alla sentenza emessa dal giudice De Paoli interviene anche l’avvocato Elisabetta Aldrovandi, presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime: “La possibilità - afferma su IlGiornale.it - per imputati di omicidio stradale aggravato dall’uso di alcool e sostanze stupefacenti, punito con una pena da 8 a 12 anni di fruire del patteggiamento, svilisce la gravità del reato e il peso della condanna. È evidente - prosegue l’avvocato - che tre anni e mezzo di pena per un simile reato, che assai probabilmente eviteranno il carcere alla condannata, rappresentano uno schiaffo a familiari distrutti dal dolore per una morte così assurda e ingiusta”.

Quanto accaduto non permetterà di dare giustizia ad Alina da parte della famiglia: “ Si consideri poi - conclude Elisabetta Aldrovandi - che l’applicazione della pena su richiesta consente la costituzione della parte civile solo per la condanna alle spese legali.

Così i genitori di Alina sono stati esclusi da qualsiasi possibilità di accedere al processo nella sua sostanza e di impugnare questa sentenza, cosa che di fatto (e di diritto) impedisce a chi dovrà sopportare per sempre il dolore per l’uccisione della figlia di accedere alle aule di tribunale e far valere i propri diritti”.

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