I prestiti di Conte non arrivano. ​Mani straniere sugli hotel italiani

I finanziamenti al palo per un blocco burocratico: "Manca la guida operativa". E i fondi stranieri offrono prezzi stracciati

I prestiti di Conte non arrivano. ​Mani straniere sugli hotel italiani

I soldi promessi dal Giuseppe Conte li hanno chiesti, ma non sono ancora arrivati. Quei prestiti garantiti dallo Stato, che per molti alberghi significano la sopravvivenza, sono ancora solo un miraggio scritto nel grande libro dei sogni giallorosso. "Bollette e pagamenti, invece, ce li hanno inviati puntuali", racconta Raul, giovane albergatore riminese mentre ci mostra sconsolato gli oltre 6mila euro di energia elettrica. E poi ci sono l’Imu, la Tari, i costi fissi. "Oggi abbiamo il conto in rosso perché le entrate sono scomparse mentre le uscite restano regolari". Pochi lo dicono a voce, ma il rischio è che senza aiuti concreti si arrivi alla catastrofe del sistema alberghiero. Lasciando campo libero a mani straniere che già si preparano a saccheggiare le imprese italiane.

Per capirlo basta leggere l’ultimo rapporto di Federalberghi. Se a gennaio tutto sembrava scorrere col vento in poppa (+3,8% di presenze straniere, + 4,8% di italiani), a marzo col virus è arrivato il "vero e proprio tracollo", poi proseguito nei mesi di aprile e maggio, quando di turisti dall’estero non se ne è vista neppure l’ombra (-99%). “Le presenze perse nel 2020 saranno 300 milioni (-70,0%) - scrive il centro studi - come se su un viaggio da 10 notti, se ne cancellassero 7". In termini economici, il calo di turisti si traduce in una mannaia da 16,5 miliardi di euro di mancato fatturato per l’intero comparto ricettivo (-70,3%). E se il flusso turistico non dovesse riprendere, il 20% degli hotel rischia di non riaprire neppure ad agosto. Senza considerare, ovviamente, gli effetti sul mondo del lavoro, i licenziamenti e le mancate assunzioni: a maggio sono già andati in fumo 118mila posti temporanei e altri 500mila lavoratori stagionali rischiano di rimanere a casa. Uno scenario da incubo.

Giuseppe Conte

Teoricamente il dl Liquidità avrebbe previsto una forma di finanziamento speciale per il settore turistico alberghiero. Gli hotel possono usufruire della garanzie statali da sommare a quelle ipotecarie (cosa normalmente non permessa), ma il sistema si è inceppato come da tradizione burocratica italiana. “La norma - spiega al Giornale.it Vincenzo Aniceto De Risi partner di Consilia Business Management - non viene applicata perché il fondo di garanzia non ha ancora rilasciato una guida operativa che le banche possano utilizzare per avviare la procedura”. La società, che è anche partner di Federalberghi, in questi mesi sta supportando gli imprenditori alle prese con i finanziamenti, trovandosi di fronte a situazioni drammatiche. “La deroga del dl Liquidità durerà fino a dicembre - dice De Risi - ma siamo già a fine giugno e ancora non hanno rilasciato le linee guida. Tempo che arriveranno i soldi, le imprese rischiano di essere già fallite. O di non poter più chiedere il prestito per scadenza dei termini”.

Mare

Quello di Raul a Rimini è un caso scuola. "Abbiamo chiesto il prestito a marzo - racconta - ma non ci hanno neppure richiamato. Dicono che la situazione è in stallo, che la nostra procedura è pronta ma ancora non si sa quando potrà essere avviata”. Federalberghi col supporto di Consilia ha inviato una segnalazione al Microcredito Centrale (partecipato da Invitalia, a sua volta guidata da Domenico Arcuri) per sbloccare la pratica dei prestiti, unica vera ancora di salvezza. Senza l'iniezione di liquidi, l'hotel di Raul farà fatica a procedere. L’afflusso estivo sta andando meno bene del previsto e non tutti i giorni si riescono a coprire i costi. “In pratica lavoriamo per lo Stato, per i dipendenti e per non perdere la clientela in vista del 2021”. Poi ci sono le spese non rinviabili. Nella cassetta delle lettere è arrivata una rata da 4mila euro di Imu, teoricamente sospesa, solo perché i garage per un cavillo non sono stati esentati. “Un altro problema sono i dipendenti - racconta Raul - Avevamo quattro camerieri al piano, ora ne sono rimasti due part-time. Gli altri hanno finito la disoccupazione e ora sono abbandonati a loro stessi”. Di assumere stagionali, ovviamente, neppure a parlarne. “Non possiamo fare beneficenza: facciamo fatica a campare noi stessi”.

La situazione è tale che sul mondo imprenditoriale alberghiero aleggia l’ombra delle acquisizioni straniere. Chi è del campo assicura al Giornale.it che i fondi di investimento esteri attendono solo che gli hotel italiani falliscano, così da poterli rilevare a condizioni ridicole.

Si parla di prezzi a meno della metà delle trattative già in corso a gennaio: alberghi dal valore di 20 milioni cui ne vengono offerti solo 6. L’unico modo per uscirne sarebbe eliminare il blocco burocratico e consentire l’applicabilità del dl Liquidità fermo da mesi. Ma per ora, anche questo, resta solo un miraggio.

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