Il tribunale del Riesame di Taranto conferma quanto stabilito sugli impianti dell'Ilva di Taranto. Resta dunque il sequestro. Anche se non ci sarà la chiusura dello stabilimento, bensì una messa a norma. Il tribunale ha deciso che "i custodi garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti". Uno dei custodi giudiziari dell'impianto sarà Bruno Ferrante, l'attuale presidente della società. L'azienda ora investirà 90 milioni di euro per il risanamento ambientale, una cifra che potrebbe salire grazie al cofinanziamento del governo promesso dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, se si troveranno "nuove tecnologie da applicare per diminuire l’impatto ambientale".
Ieri Ferrante aveva espresso in Commissione rifiuti in Parlamento tutti i suoi dubbi sulla decisione relativa all'Ilva, sottolineando come da Taranto dipendano anche i due stabilimenti di Novi e Genova. E che quindi una chiusura totale di uno degli impianti avrebbe provocato lo stop di tutta la società. Le operazioni di lavorazione dell'acciaio che si svolgono a Taranto sono strettamente connesse alle fasi successive del processo, portate avanti negli altri stabilimenti.
Contro la chiusura si era espresso oggi anche il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, che aveva sottolineato: "Se questi impianti vengono chiusi non li si riapre più, e per Taranto, per quella regione e per l'Italia, sarebbe un costo veramente eccessivo".
Confermati anche gli arresti domiciliari per l'ex direttore di Taranto, Luigi
Capogrosso. E per Emilio e Nicola Riva, ex presidenti della società. In libertà i cinque capiarea indagati. A breve dovrebbe essere firmato anche il decreto del governo da parte del Presidente della Repubblica- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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