Imam-facchino non sposta gli alcolici. I giudici: "Licenziamento giusto"

L'uomo si era rifiutato di spostare alcune casse contenenti liquori per motivi religiosi. Ma i giudici non hanno creduto alla sua versione

Imam-facchino non sposta gli alcolici. I giudici: "Licenziamento giusto"

L'imam è tenuto a una "condotta specchiata dovendo egli essere da esempio per i fedeli". Non può compiere certe azioni e deve essere un modello per la comunità. Così Braham D., imam e facchino tunisino, quelle scatole piene di bottiglie non le poteva spostare.

"Le scatole contenevano alcolici e io gli alcolici non li posso proprio toccare", aveva dichiarato ai giudici l'imam della comunità islamica di Vicenza. Ma facciamo un passo indietro.

I fatti

Come spiega il Corriere, l'imam era socio di una cooperativa per la quale svolgeva il lavoro di facchino in un magazzino che rifornisce i supermercati. Nel 2014, l'uomo si era rifiutato di svolgere una mansione che gli era stata assegnata e per alcuni giorni si presentò al lavoro in orario diverso rispetto a quello stabilito.

Dopo essere stato licenziato dalla coop, Braham ha deciso di fare ricorso: voleva riavere il suo posto di lavoro e un risarcimento per via "del carattere discriminatorio del licenziamento". Ma il tribunale di Vicenza gli ha dato torto, così come la Corte d'appello.

L’imam ha affermato di non essersi presentato in orario al lavoro per evitare di spostare alcuni scatoloni che contenevano alcolici. "Afferma di essersi rifiutato soprattutto per ragioni di carattere religioso, da sempre note al datore di lavoro", si legge.

La sentenza

I tribunali hanno però escluso il carattere discriminatorio del licenziamento, mettendo in evidenza alcune contraddizioni nella versione dell'uomo. "L’istruttoria ha messo in luce come, negli oltre dieci anni di rapporto di lavoro, non avesse mai posto questioni riguardanti la movimentazione di alcolici né quando operava nel reparto 'fresco' di carne di maiale".

Secondo i giudici l'imam avrebbe usato la scusa della religione per ottenere qualche vantaggio personale. Le circostanze "inducono a ritenere che abbia preso il fatto degli alcolici a pretesto per richiedere un mero cambio di orario di lavoro", si legge nella sentenza.

Inoltre, la sua condotta "costituisce grave

insubordinazione in palese spregio delle direttive aziendali e come vero e proprio atto di sfida". Così la Corte d'Appello ha confermato il licenziamento e condannato l’imam a ripagare 6mila euro di spese.

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