È un primo schiaffo all'Italia quello che arriva dalla Corte europea per i diritti dell'uomo (Cedu), che ha deciso di accogliere il ricorso presentato da un gruppo di cittadini sudanesi rimpatriati dopo essere stati fermati dalla polizia a Ventimiglia nell'agosto del 2016.
Quaranta persone furono trovate dagli uomini delle forze dell'ordine e poi espulsi in seguito a un accordo di cooperazione con Khartoum. Ma ora il tribunale europeo vuole giustificazioni dal governo, che sul suo operato dovrà rispondere entro il prossimo 30 marzo.
Il capo della polizia Franco Gabrielli ha sempre difeso il suo operato, asserendo che l'accordo ha solo velocizzato le operazioni di identificazione e di espulsione dei migranti, firmati nel pieno dell'emergenza di Ventimiglia. Alcuni sudanesi riuscirono a ottenere poi protezione internazionale in Italia, "in quanto soggetti a persecuzioni e discriminazioni nel Paese da cui provenivano", interessato negli ultimi giorni da rinnovate proteste per il caro prezzi, con almeno cinque morti nella capitale, dopo che la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti.
La decisione della Cedu arriva mentre in Belgio si moltiplicano le polemiche per l'espulsione di una serie di cittadini sudanesi che si trovavano nel Paese come irregolari. Dopo il rimpatrio di nove di loro, notizie di abusi e torture nei loro confronti sono apparse sulla stampa locale, insieme alle critiche per la collaborazione con il regime di Bashir, accusato di crimini di guerra e genocidio dalla Corte penale internazionale.
Theo Francken, nominato nel 2014 segretario di Stato per asilo e immigrazione di cui molti
hanno chiesto le dimissioni, ha difeso la posizione del governo. "Qui la questione fondamentale - ha detto - è che chiunque risieda illegalmente nel nostro Paese e si rifiuti di chiedere asilo deve essere rispedito indietro".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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