L’ultima dell’Inps: trent’anni per rispondere alla richiesta di un contribuente

Oltre al trentennale ritardo, anche la beffa: 90 euro per sbloccare i contributi maturati

L’ultima dell’Inps: trent’anni per rispondere alla richiesta di un contribuente

I tempi biblici dell’Inps. L’Istituto nazionale della previdenza sociale se l’è presa comoda: ben trent’anni per accogliere la richiesta di un contribuente che negli anni Ottanta – proprio così – aveva compilato e inviato la modulistica per farsi riconoscere il riscatto dei contributi.

Come racconta La Nazione, la vergognosa odissea burocratica ha inizio il 5 gennaio 1984 quando lo spezzino R.T – oggi pensionato 64enne – spedì la lettera all’Inps per completarle le pratiche necessarie a vedersi riscattati i contributi accumulati in tre mesi di lavoro – dall’uno gennaio al trentuno marzo 1974 – presso una ditta locale.

Oggi, a distanza di 31 anni, gli è arrivata la risposta. Per questa volta, il “meglio tardi che mai” lascia il tempo che trova. Una presa in giro vera e propria, anche perché c’è la beffa: il signore dovrebbe infatti pagare 90 euro e spicci per sbloccare il riscatto, che si tradurrebbe nella pratica in un aumento di circa 10 euro in più al mese.

La moglie si sfoga, facendosi portavoce del rammarico del marito: “Chi ce lo fa fare? Per una cifra così irrisoria, è più l’ammattimento cui andremmo incontro per fare le pratiche, che l’irrisorio beneficio economico.

Perciò ci siamo rivolti alla stampa, per puntare il dito contro le lungaggini burocratiche che da sempre condizionano il nostro Paese. Una risposta di un ente pubblico non può arrivare dopo un’era geologica. Una persona fa in tempo a morire”.

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