"Salii su di corsa per venti metri e chiesi a uno dei prigionieri di identificarsi. “Che Guevara”, mi disse": era l'8 ottobre 1967, a raccontare l'arresto del Che è Gary Prado Salmón, l’uomo che catturò il rivoluzionario nato a Rosario, in Argentina.
Il raccondo delle ultime ore del Che
"Non si preoccupi, capitano, questa è la fine. È finita": ha detto al capitano Salmón. Come si legge su Il Sole 24ore, il Che non oppose resistenza alla cattura, era anche ferito un polpaggio, a stento camminava. Addosso portava una pistola senza il caricatore. Poi due orolori Rolex, uno sarebbe stato di "Tuma”, un guerrigliero ucciso qualche mese prima. Ma non era l'unico ad averli, tutti i cubani ne avevano uno: era un regalo d'addio di Fidel Castro.
Passarono le ore di prigionia, passò la notte. Salmón, si sul Il Sole 24ore, spiega che dopo l'arrivo Joaquín Zenteno consegnò i prigionieri e ritornò nella gola dello Yuro con truppe fresche: mancavano ancora 5 uomini da catturare. Peccato che quando tornò a La Higuera "trovai il Che morto: il comandante del mio battaglione, il maggiore Ayoroa, mi disse che era stato giustiziato.
Il comandante di divisione era ripartito per Vallegrande, ma aveva lasciato istruzioni di mandare il cadavere del Che via elicottero. Perciò, all’una e mezza circa, assicurammo la sua barella ai pattini di un elicottero e quella fu l’ultima volta che lo vidi", come riporta Il Sole 24 ore.
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