309 rintocchi delle campane della chiesa delle Anime Sante. 309 palloncini bianchi lanciati in cielo. 309 nomi. Uno per ognuna della vittime del terremoto che la notte tra il 5 e il 6 aprile 2009, alle 3,32, ha distrutto L'Aquila. Nel capoluogo abruzzese c'è stata una notte di veglia e di preghiera, preceduta da una fiaccolata a cui hanno partecipato 12mila persone. Poi la messa officiata dall'arcivescovo Giuseppe Molinari, che nell'omelia ha più volte parlato di una "città nuova", facendo riferimento, seppur non esplicito, alla situazione di stallo dei fondi per la ricostruzione.
Diverse le assenze tra amministratori e politici in piazza Duomo, nel cuore della città, dove puntelli, transenne e macerie non sono ancora spariti del tutto. E solo un centinaio di persone di quei 12mila che hanno partecipato al corteo - anticipato quest'anno alle 22 - è rimasto in piazza fino alle 3,32. "Lo Stato non può non ricostruire questa città", ha promesso il ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca. "Questo è l’anniversario più brutto perché si è persa la speranza", ha però aggiunto il sindaco Massimo Cialente, "C’è un cronoprogramma, ora servono i soldi qualunque sia il governo altrimenti la città muore".
Intanto oggi è giornata di lutto a L'Aquila. Per commemorare le vittime è arrivato anche Pietro Grasso, che depositerà una corona davanti la Casa dello Studente, sgretolata dalla scossa di quattro anni fa e in cui persero la vita otto ragazzi.
Appena arrivato nella città, il presidente del Senato ha abbracciato Antonietta Centofanti zia di Davide, una delle vittime: "Ti siamo vicini". "La ricostruzione dell’Aquila è una questione nazionale", ha poi detto Grasso, "È un impegno imprescindibile per noi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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